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L’impegno di Pasta Garofalo per il bene delle persone e del Pianeta è tutto raccontato nel bilancio di sostenibilità aziendale tra traguardi raggiunti e nuove sfide, a partire dal packaging circolare.
Perché un’azienda decide di intraprendere un percorso di sostenibilità? Come lo porta avanti? Quali sono i vantaggi? Lo abbiamo chiesto a Pastificio Lucio Garofalo, storica azienda di Gragnano (Na) e tra le maggiori produttrici di pasta in Italia. Dal 2019 Pasta Garofalo redige annualmente un bilancio di sostenibilità in conformità agli standard definiti dal Global reporting initiative (Gri), il riferimento più diffuso a livello internazionale che promuove lo sviluppo di una rendicontazione volontaria delle performance economiche, ambientali e sociali.
“La sostenibilità fa da sempre parte dei valori aziendali”, spiega Emidio Mansi, Direttore commerciale Italia e Global marketing director di Pasta Garofalo, “ma a un certo punto ci siamo resi conto che le buone pratiche in cui eravamo impegnati non erano strutturate, non avevano una progettualità organica. Per questo abbiamo sentito il bisogno di redigere un bilancio di sostenibilità, per capire a che punto eravamo e quali erano i margini di miglioramento”.
Il processo di analisi ha permesso di individuare tre principali ambiti di azione per la sostenibilità di Pasta Garofalo: il primo concerne la sicurezza e la qualità dei prodotti, dalla selezione della materia prima al processo produttivo che unisce saperi antichi a ricerca continua; il secondo riguarda la centralità delle persone, dai dipendenti dell’azienda alla collettività del territorio in cui Pasta Garofalo opera; il terzo si riferisce al rispetto dell’ambiente da cui il pastificio trae le sue risorse essenziali, con l’impegno a ridurre il proprio impatto ambientale, prestando attenzione ai consumi energetici, alle emissioni e ai materiali che vengono utilizzati e a una gestione virtuosa dei rifiuti.
Riguardo alla materia prima, la semola acquistata da Pasta Garofalo è ottenuta principalmente da grani provenienti dall’Italia (89,1 per cento dei fornitori di cui il 15 per cento sono campani) e dall’Arizona, le due aree geografiche che in questo momento garantiscono la qualità dell’azienda, il rispetto dell’ambiente e i livelli di sicurezza alimentare più elevati. L’azienda, che acquista la semola dai molini, recentemente si è dotata di una struttura di silos situata in Puglia per garantire il massimo controllo sulla qualità del grano, dalle caratteristiche microbiologiche alla presenza di residui di pesticidi come il glifosato. “È difficile intervenire direttamente sulle pratiche agricole, ma la nostra convinzione è che i controlli rigorosi che effettuiamo sulla materia prima si riflettano a monte su tutta la filiera agricola”. Attraverso il progetto di trasparenza comesifagarofalo.it, i consumatori possono tracciare la provenienza di ogni pacco di pasta e consultare le analisi a campione.
“Che sia italiano o americano, la qualità del grano è sempre controllata. Per quanto riguarda, invece, il trasporto della materia prima abbiamo intenzione di effettuare degli studi per capire quale sia il meno impattante. Non è scontato che trasportare il grano dalla Sicilia ai nostri silos in Puglia sia meno inquinante che farlo dagli Stati Uniti all’Italia. Nel primo caso, infatti, parliamo di centinaia di camion che fanno avanti e indietro; nel secondo caso di treni e navi che trasportano quantità maggiori in un solo viaggio. Questo è un esempio per spiegare come in azienda ci poniamo continuamente domande, anche scomode e non facili da comunicare, per cercare le soluzioni che siano davvero le più sostenibili”.
L’azienda nel 2020 ha registrato un 71 per cento di energia autoprodotta tramite l’impianto di cogenerazione e l’1,1 per cento prodotta tramite l’impianto fotovoltaico. I progetti previsti riguardano l’installazione di un nuovo impianto di trigenerazione e l’ampliamento del parco fotovoltaico che garantiranno tutto il fabbisogno di energia elettrica ed una consistente quota dell’energia termica, ma la sfida del futuro per quanto riguarda la sostenibilità si concentra sul packaging: “Il nostro obiettivo è quello di aumentare la circolarità delle confezioni per evitare di utilizzare materie prime vergini. Ci siamo riusciti sull’imballo secondario dove da quasi 15 anni utilizziamo carta riciclata, mentre sull’imballo primario abbiamo introdotto da poco un nuovo packaging costituito per il 30 per cento da plastica riciclata tramite riciclo chimico”.
Si tratta di un processo diverso da quello meccanico che, rispetto a quest’ultimo, apre possibilità di riciclo inedite per frazioni di rifiuti ad oggi difficili da riciclare come la plastica da raccolta domestica. Il riciclo chimico, infatti, “rompe” le molecole che compongono i polimeri che costituiscono le diverse tipologie di plastica utilizzata per imballaggi, convertendoli in materia prima equivalente a un materiale vergine e utilizzabile per produrre nuovamente plastica. Con l’adesione a Impatto Zero di LifeGate, Pasta Garofalo si è impegnata inoltre a compensare le emissioni di CO2 legate alla produzione dei suoi packaging con i crediti di carbonio generati dal Rimba Raya biodiversity reserve project , che prevede la conservazione di foreste in crescita con obiettivi di prevenzione, protezione e sviluppo locale.
“Attualmente il riciclo chimico ci sembra la soluzione migliore”, spiega Mansi, “ma continuiamo a fare ricerca perché in futuro potremmo scoprire qualcosa di meglio. La sostenibilità è davvero un tema difficile: se è solo di facciata, si rischia un cortocircuito; il punto, invece, è ragionare senza demagogia, facendosi sempre delle domande per capire come si può davvero fare la propria parte per il bene del Pianeta e delle persone. È un percorso in cui cerchiamo anche di coinvolgere e sensibilizzare i consumatori”. Attraverso la campagna “Innamorati del Pianeta”, Pasta Garofalo racconta al pubblico il suo impegno per la sostenibilità e suggerisce ai consumatori cosa possono fare nel loro piccolo, a partire dalla semplice cottura della pasta.
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