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Ecuadoriana, impegnata per l’ambiente, i diritti dell’Amazzonia e la parità di genere. Il ritratto di María Fernanda Espinosa Garcés, neo-presidente dell’Assemblea Generale Onu.
Il 18 settembre sono iniziati i lavori della 73esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ed è iniziata la presidenza di María Fernanda Espinosa Garcés, ecuadoriana, la quarta donna ad assumere questo ruolo e la prima in assoluto che proviene dal Sudamerica e dai Caraibi.
Preparándonos para presidir la Asamblea General desde la siguiente semana pic.twitter.com/eSLOw33wcI
— Ma Fernanda Espinosa (@mfespinosaEC) 15 settembre 2018
“Sono fiera e felice di essere la prima donna della regione del Sud America e dei Caraibi a presiedere l’Assemblea generale delle Nazioni Unite”, ha dichiarato Espinosa Garcés alla vigilia del suo insediamento. La prima presidente donna in assoluto era stata Vijaya Lakshmi Pandit, politica e diplomatica indiana e sorella del primo ministro Jawaharlal Nehru, nel 1953. Dopo di lei, erano state elette soltanto la liberiana Angie Elisabeth Brooks nel 1969 e, nel 2006, Sheikha Haya Rashed Al Khalifa, diplomatica del Bahrain.
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Espinosa Garcés promette di basare il suo operato su un approccio multilaterale; per risolvere i problemi globali, sostiene, non c’è altra strada se non quella dell’unità e della collaborazione. “Andiamo avanti insieme per costruire un mondo più equo e giusto, sostenibile e rispettoso della natura, inclusivo e solidale”, auspica. Sette le priorità del suo mandato: la parità di genere, il Global Compact su migrazioni e rifugiati, la dignità del lavoro, la tutela dell’ambiente, i diritti delle persone con disabilità, il processo di riforma dell’Onu e il dialogo.
Il suo predecessore, lo slovacco Miroslav Lajčák, nel congedarsi ha fatto una panoramica dei grandi temi che caratterizzano questi anni. Primo fra tutti quello della pace, che “non può essere soltanto un concetto o un’aspirazione”, ma piuttosto “un manuale operativo, che guida il lavoro reale che facciamo sul campo, ogni giorno”. Lajčák ha posto l’attenzione anche sull’importanza di trovare risorse per contrastare i cambiamenti climatici, rispettare l’Accordo di Parigi e raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs). Infine, ha sottolineato quanto il dialogo sia riuscito a raggiungere risultati che sembravano impensabili, come la storica stretta di mano tra le due Coree.
María Fernanda Espinosa Garcés ha ricoperto numerose cariche ministeriali in Ecuador, a partire dal 2007, quando è stata ministro per gli Affari esteri, il commercio e l’integrazione sotto la presidenza di Rafael Correa, per poi passare ai ministeri del Patrimonio nazionale, dello Sport e della Difesa nazionale. Dal 2014 al 2017 è stata rappresentante permanente del suo paese alle Nazioni Unite a Ginevra. Con questo ruolo, è dovuta intervenire a più riprese nel caso di Julian Assange, fondatore di Wikileaks e rifugiato politico proprio in Ecuador, che all’inizio del 2018 gli ha concesso la cittadinanza. A partire dal mese di maggio del 2017 Espinosa è nuovamente ministro per gli Affari esteri, stavolta per il governo di Lenín Moreno.
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Cresciuta a stretto contatto con le tribù indigene dell’Amazzonia, Espinosa ha studiato questi territori a livello accademico e ha lavorato a lungo per l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn). Ha all’attivo circa trenta articoli scientifici e la partecipazione a una serie di negoziati internazionali sulla cultura e sulle tradizioni dell’Amazzonia, ma anche sullo sviluppo sostenibile, sui cambiamenti climatici, sulla parità di genere e sulla cooperazione internazionale. Era presente anche alla Cop 21 di Parigi. In Ecuador è nota inoltre come poetessa, autrice di decine di pubblicazioni e vincitrice del Premio nazionale di poesia nel 1990.
Questa prima sessione ordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu si concluderà come di consueto a dicembre, e sarà seguita da altre sessioni speciali fino a settembre 2019.
L’Assemblea generale è una sorta di parlamento delle Nazioni Unite, composto dai rappresentanti di tutti i 192 stati membri. Ogni paese può avere un massimo di cinque rappresentanti, ma può esprimere un solo voto. Per le questioni più delicate, come quelle che riguardano la pace e la sicurezza internazionale, il bilancio e l’ammissione di nuovi membri, serve una maggioranza dei due terzi. L’Assemblea non può di fatto costringere uno stato a comportarsi in un determinato modo, ma i suoi pareri hanno una grande autorevolezza perché rappresentano, di fatto, la “voce” ufficiale della comunità internazionale.
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