A livello globale, il cibo sprecato equivale a un miliardo di pasti al giorno, mentre sono 783 milioni le persone che soffrono la fame.
Pesce creato in laboratorio, un trend che attrae sempre più investimenti
Le aziende che coltivano pesce in laboratorio ricevono ingenti finanziamenti per sviluppare il prodotto, ma sull’acquacoltura in cellule il dibattito è aperto.
- Quello del pesce in laboratorio è un settore in crescita nell’industria dei prodotti ittici.
- Secondo i sostenitori di questa pratica, l’acquacoltura in cellule rispetterebbe il benessere animale, diminuirebbe la pressione della pesca in mari e oceani e offrirebbe prodotti più salutari, non contaminati da metalli.
- Altri esperti dubitano invece della sua capacità di ridurre la pesca eccessiva e pongono il problema del costo e dell’impiego di risorse per produrlo.
Mangiare pesce che non provenga dalla pesca o dall’allevamento, ma prodotto in laboratorio è un’idea che appartiene sempre meno alla fantascienza e sempre più alla realtà, con il settore dei prodotti ittici coltivati in cellule che attrae corposi investimenti.
È il caso di BlueNalu, azienda di San Diego che – come racconta il Guardian – dalla sua fondazione nel 2018 ha raccolto quasi 85 milioni di dollari, e di Wildtype, con sede a San Francisco, che ha ricevuto 100 milioni di finanziamenti da parte, tra gli altri, di Leonardo DiCaprio, della Bezos Expeditions e della FootPrint Coalition dell’attore Robert Downey Jr.
Pesce in laboratorio, i possibili vantaggi
Come viene creato il pesce il laboratorio? Si prende un piccolo campione da una specie ittica vivente e si fanno moltiplicare le cellule fino a ottenere qualcosa di molto simile a un filetto di pesce. Una procedura che, secondo i fautori, eliminerebbe diverse problematiche legate al settore ittico, dal benessere animale alla pesca eccessiva che minaccia gli stock e gli ecosistemi, dai rischi per la salute derivanti dal consumo di pesce contaminato alle lunghe filiere di intermediari tra chi pesca e chi consuma.
Pesce in laboratorio, i dubbi
Il pesce di laboratorio potrebbe arrivare sugli scaffali nel giro di due anni dopo l’approvazione della Food and Drug Administration, l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ma c’è chi pone il problema del gusto (che dovrebbe essere uguale o migliore al pesce in natura), del costo (che dovrebbe essere uguale o inferiore) e della disponibilità sul mercato, aspetti fondamentali per rendere attrattivo il prodotto per i consumatori.
Secondo gli esperti, il pesce in laboratorio potrebbe affiancarsi ai prodotti della pesca, dell’acquacoltura e al pesce vegetale per soddisfare la richiesta di prodotti ittici raggiungendo l’1-2 per cento del mercato come nel caso della carne sintetica, ma alcuni esprimono scetticismo sulla capacità dei frutti di mare coltivati di ridurre la pressione sulla pesca e sui costi, motivo per il quale il pesce in laboratorio non sarà mai il prodotto con cui potrà alimentarsi la maggior parte delle persone.
Inoltre, bisogna considerare gli effetti ambientali della produzione, come le emissioni di carbonio e il consumo di energia nel processo produttivo in laboratorio, oltre alle politiche di approvvigionamento della materia prima di partenza.
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