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L’Italia è il paese europeo che usa più pesticidi, con la Lombardia in testa. Un modello di agricoltura che fa male all’ambiente e alla salute. Il commento ai dati Ispra nell’editoriale di Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia.
Da troppo tempo il settore agricolo è considerato una sorta di zona franca rispetto all’applicazione di norme adeguatamente severe per la protezione dell’ambiente e delle acque. Prova ne sono i dati, per nulla rassicuranti, pubblicati da Ispra, l’Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente, sulla presenza di pesticidi nelle acque italiane. Sono più di un campanello d’allarme: l’agricoltura italiana nel suo complesso vede crescere in modo molto preoccupante il proprio peso sull’ambiente e sulla salute, attraverso un uso indiscriminato di prodotti chimici.
Nel 2013 le vendite erano scese sotto le 120mila tonnellate, ma gli anni 2014 e 2015 hanno segnato una vistosa impennata, con una crescita superiore al 10 per cento, che ha portato l’Italia a consolidare la propria posizione al vertice della classifica dei paesi che consumano più pesticidi in Europa. Secondo i dati Eurostat, infatti, l’Italia impiega oltre il 40 per cento di fitofarmaci in più rispetto alla Francia, sebbene il Paese d’Oltralpe abbia il doppio delle superfici agricole.
Si tratta di una tendenza che ha pesanti ricadute sia sulla salute dei consumatori che sull’ambiente, in particolare sull’inquinamento di acque e suolo, ma anche sulla reputazione vantata dal made in Italy agroalimentare italiano: uno studio del centro comune di ricerca di Ispra, infatti, rivela che nell’impiego di insetticidi soltanto lo 0,1 per cento dei principi attivi usati nei campi raggiungono l’obiettivo per cui sono stati usati, il resto è destinato a raggiungere le acque superficiali e le falde: gli agricoltori pagano prezzi salatissimi semplicemente per inquinare l’ambiente in cui lavorano. Un paradosso.
La Lombardia non fa eccezione: di 320 punti di prelievo su fiumi e laghi lombardi, ben 234 (il 73,1 per cento) sono contaminati da pesticidi, appartenenti a 61 sostanze tra principi attivi e molecole ancora attive derivanti dalla loro parziale degradazione. Pesticidi anche nelle acque sotterranee: precisamente, su 474 punti di monitoraggio della falda, ne sono stati trovati inquinati ben 125, oltre il 26 per cento. E non parliamo solo di tracce: nella maggior parte dei casi, i referti analitici riportano livelli di contaminazione superiori agli standard di qualità ambientale. Anzi la Lombardia è la regione che batte tutte le altre, quanto a superamenti dei livelli considerati accettabili: si misurano concentrazioni di pesticidi superiori alle soglie in ben 158 punti della rete di monitoraggio delle acque superficiali, quindi quasi il 50 per cento dei punti di prelievo, e in 50 di quella per le acque di falda. Situazioni in cui, dunque, è seriamente minacciata la salute umana e dell’ambiente.
In una regione ad alta intensità agricola e zootecnica come la Lombardia, è arrivato il momento di mettere un argine alle incursioni dell’agroindustria sui campi i cui prodotti sono destinati a diventare alimenti. Siamo arrivati al paradosso che i pesticidi servono più ad intossicare l’ambiente e gli agricoltori che li usano, che non a debellare i nemici delle colture.
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È il caso di dire che, mettere in campo una modernità anche nell’agricoltura lombarda può solo aiutare la qualità dei prodotti ad emergere e la salute dei cittadini ad essere più tutelata. Non dimentichiamoci infatti che l’agricoltura è uno dei comparti che contribuisce alle emissioni in atmosfera soprattutto durante i mesi invernali, quelli più critici per la formazione di polveri sottili.
È importante che le politiche agricole focalizzino l’attenzione sulla riabilitazione dei suoli eccessivamente sfruttati per ripristinarne la fertilità, i contenuti di sostanza organica, l’attitudine a mitigare gli effetti di eventi meteorologici estremi, nonché ad erogare servizi ecosistemici, che è propria di suoli sani e correttamente gestiti.
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