Petrolio, Shell dovrà risarcire per danni ambientali gli abitanti del delta del Niger

Dopo una lunga contesa legale, i residenti del delta del Niger hanno avuto la meglio sul colosso petrolifero Shell. Sancendo un importante precedente.

Non si può dare la colpa soltanto ai sabotaggi. Gli sversamenti di petrolio che tra il 2006 e il 2007 hanno gravemente inquinato il delta del fiume Niger, in Nigeria, sono avvenuti anche perché la sussidiaria locale del colosso petrolifero Royal Dutch Shell non ha vigilato a dovere. E poi non ha nemmeno ripulito l’area contaminata. A sancirlo, nella giornata di venerdì 29 gennaio, è stata la Corte d’appello dei Paesi Bassi, con sede all’Aia, che ha obbligato l’azienda a risarcire quattro residenti della zona e iniziare al più presto la bonifica nelle acque. Segnando così una tappa decisiva di una contesa legale che andava avanti da anni. E, soprattutto, stabilendo un importante precedente che potrebbe aprire la strada per altre richieste di risarcimento.

Cosa dice la sentenza che obbliga Shell a pagare i danni

Gli sversamenti di petrolio dagli oleodotti nel delta del Niger sono una triste consuetudine, ricorda il New York Times. I residenti dei villaggi da tempo puntano il dito contro le compagnie petrolifere che, a detta loro, sarebbero carenti in termini di manutenzione e misure di sicurezza. È questa l’argomentazione sostenuta anche dai quattro agricoltori nigeriani che nel 2008 hanno trascinato in tribunale Shell, assistiti dall’ufficio olandese dell’organizzazione ambientalista Friends of the earth. Aggiungendosi all’ormai nutrito gruppo che sostiene che le operazioni petrolifere nel delta del Niger abbiano pesantemente compromesso la qualità della vita della popolazione.

Su questa specifica vicenda si era già espressa la corte distrettuale dell’Aia nel 2013, arrivando però a una decisione opposta. Gli sversamenti di petrolio e i relativi danni ambientali in realtà non sono mai stati messi in discussione, ma l’azienda ha sempre sostenuto di aver subito episodi di sabotaggio. All’epoca la corte aveva sposato questa tesi, sollevandola da ogni responsabilità. La Corte d’appello invece ha aggiunto un tassello: gli sversamenti sono avvenuti perché alcune valvole sono state aperte senza autorizzazione, ma la sussidiaria di Shell non ha fatto abbastanza per sorvegliarle. Dovrà quindi adottare nuovi sistemi per evitare che ciò accada di nuovo. Ora la società petrolifera potrà impugnare la sentenza presso la Corte suprema.

Il petrolio nel delta del Niger, tra impianti obsoleti e incidenti

In Nigeria, dove le operazioni petrolifere hanno più di sessant’anni di storia alle spalle, la sola Shell gestisce una cinquantina di giacimenti e quasi 5mila chilometri di oleodotti. Tra gli impianti presenti sul territorio, però, il 73 per cento è corroso e va sostituito; in teoria hanno una vita utile di quindici anni, ma è capitato più di una volta che restassero in uso dopo trent’anni o più. È quanto emerge da un’analisi tecnica pubblicata da WikiLeaks. Da qui le perdite di petrolio, un territorio fortemente compromesso e le condizioni malsane in cui la popolazione è costretta a vivere. La speranza di vita nel delta del Niger, sottolinea Friends of the earth, è più bassa di dieci anni rispetto a quella del resto del paese.

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Il primo pozzo petrolifero aperto da Shell nell’Africa occidentale nel 1956 © Rhys Thom/Flickr

Sancito un precedente per future azioni legali 

Cantano vittoria gli ambientalisti, impegnati in un’assidua battaglia per far valere i diritti dell’ambiente e della comunità. Al di là dell’entità dei singoli risarcimenti, con questo precedente “le vittime dell’inquinamento ambientale, del land grabbing o dello sfruttamento delle risorse ora hanno più possibilità di vincere una battaglia legale contro le aziende coinvolte”, puntualizza Donald Pols, direttore di Friends of the earth nei Paesi Bassi. “Le persone nei paesi in via di sviluppo non sono più prive di diritti quando affrontano le multinazionali”.

“Finalmente c’è giustizia per le persone della Nigeria che subiscono le conseguenze del petrolio di Shell”, ha dichiarato Eric Dooh, uno dei quattro cittadini che hanno avviato l’azione legale. “È una vittoria agrodolce perché due dei querelanti, incluso mio padre, non sono vissuti abbastanza a lungo per vedere la fine di questo processo. Ma la sentenza infonde speranza per il futuro della popolazione del delta del Niger”.

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