
Si chiama Sprecometro ed è stata lanciata in occasione della Giornata nazionale per la prevenzione dello spreco alimentare insieme ai dati aggiornati sulla quantità di cibo gettato in Italia.
Una donna su dieci nel corso della vita deve fare i conti con il tumore al seno, ma grazie soprattutto alla diagnosi precoce, il tasso di sopravvivenza è altissimo. Un aiuto concreto alla prevenzione lo dà la dieta corretta.
Il tumore al seno, oggi, fa sempre meno paura. Se da una prevenzione secondaria, quella effettuata con i programmi di screening, si passasse a una prevenzione primaria, finalizzata cioè non a scoprire tempestivamente la mutazione cellulare, ma a impedirla, le cose andrebbero ancora meglio. Un obiettivo, questo, su cui si concentrano gli sforzi degli oncologi di tutto il mondo e che tra i suoi cardini vanta proprio la dieta.
Il punto fondamentale è evitare il sovrappeso (le donne grasse si ammalano di più) e ridurre la concentrazione ematica dell’insulina, la cui produzione si impenna quando la glicemia – il contenuto di zuccheri nel sangue – si innalza bruscamente. Troppa insulina non solo fa aumentare gli ormoni sessuali (androgeni ed estrogeni) che favoriscono lo sviluppo del tumore mammario, ma frena anche una proteina (SHBG) che ne modera l’azione. In più agevola lo stoccaggio dei lipidi introdotti con la dieta, e quindi ci fa ingrassare. Infine, insulina, sovrappeso, e un eccesso di calorie e proteine stimolano alcuni fattori di crescita che svolgono un ruolo di primo piano nello sviluppo della malattia, soprattutto per chi è portatrice di una mutazione genetica (del gene BRCA) responsabile della metà delle forme ereditarie.
Come si fa allora a mantenersi snelle e a ridurre l’insulina? Intanto limitando o eliminando i cibi ad alto indice glicemico e alta densità calorica, cioè ricchi di grassi e zuccheri. Se occasionalmente si può cedere alla tentazione, fast food e bevande gassate e zuccherate sono proprio da dimenticare. Per addolcire torte e altre specialità di pasticceria si può usare la frutta secca oppure, occasionalmente, i malti. Ai cereali raffinati (pane bianco, farine 00), alle patate e ai fiocchi di mais vanno preferiti prodotti integrali, come riso, miglio, farro, orzo, pane lievitato naturalmente o anche pasta di grano duro, cotta al dente, da sposare ai legumi (lenticchie, ceci, fagioli e sì, anche la soia, i cui fitoestrogeni, pur dibattuti, sembrerebbero protettivi ) per un pieno di proteine sane. Poi tanta verdura, soprattutto, e frutta – con il suo contenuto di preziosi antiossidanti e di fibra che rallenta l’assorbimento del glucosio -, olio extravergine di oliva e ogni tanto semi oleosi.
Gli alimenti di origine vegetale, come raccomanda il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro, devono essere la base, anche per le proteine: dunque poca carne, e non rossa, poche uova, formaggi, burro e latte (che non ha un alto indice glicemico ma stimola direttamente la produzione di insulina) e rarissimamente insaccati. Sì invece al pesce, i cui grassi hanno un effetto antinfiammatorio e antitumorale. Anche il consumo di bevande alcoliche è stato associato da molti studi all’insorgenza della neoplasia mammaria: se proprio non si può rinunciare al vino, meglio non andare oltre il bicchiere al giorno. Si tratta, insomma, di riscoprire almeno in parte la dieta mediterranea delle origini, prima che venisse snaturata da cibi troppo opulenti e troppo raffinati e trasformati. Oltre a ciò, le altre raccomandazioni sono di fare attività fisica (basta mezz’ora di camminata veloce al giorno) e di allattare al seno per almeno sei mesi.
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