
Rigenerazione e salute. Sono le parole chiave che è tempo di sovrascrivere a quelle attuali di impoverimento e degrado, imposte dall’agricoltura intensiva. Una sostituzione che scuote equilibri e merita attenzione.
Uno studio tedesco e uno italiano chiedono ai rispettivi governi un’inversione di tendenza per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030.
È stato pubblicato pochi giorni fa l’Atlante dei pesticidi 2022, un rapporto tedesco sull’utilizzo dei pesticidi in agricoltura, realizzato dalla Fondazione Heinrich Böll, dalla ong ambientalista Bund für umwelt und naturschutz Deutschland (Bund) e dalla sezione tedesca del Pesticide action network (Pan) che chiedono alla Germania un’inversione di tendenza: ridurre costantemente l’utilizzo di pesticidi e bandire quelli più tossici, oltre a fermare l’esportazione delle sostanze vietate nell’Unione europea verso i mercati in crescita del sud del mondo.
Secondo il rapporto, la quantità di pesticidi utilizzati in tutto il mondo è aumentata dell’80 per cento dal 1990 e fino al 150 per cento in Sud America dove di tali sostanze si fa ampio uso, per esempio, nelle coltivazioni intensive di soia ogm. Le conseguenze dell’uso dei pesticidi sono diverse: dalla contaminazione dell’ambiente, alla perdita di biodiversità degli ecosistemi fino ai rischi per la salute dei lavoratori che, specie nel sud del mondo, non sono adeguatamente protetti. Si contano circa 255 milioni di incidenti da avvelenamento in Asia, poco più di 100 milioni in Africa e circa 1,6 milioni in Europa.
“In Europa utilizziamo troppi pesticidi – ha spiegato Barbara Unmüßig, presidente della Heinrich Böll Foundation – Le mele vengono irrorate circa 30 volte a stagione, le viti fino a 17 volte e le patate fino a 11”. Ridurne l’impiego è fondamentale per fronteggiare la drammatica perdita di biodiversità.
“L’uso elevato di pesticidi contribuisce alla perdita di numerosi organismi benefici, senza i quali sono necessari ancora più pesticidi”, ha aggiunto Olaf Bandt, presidente del Bund, mentre Doris Günther, ceo di Pan Germania, ha voluto sottolineare l’emergenza sanitaria: “ Si contano 385 milioni di avvelenamenti annuali da pesticidi in tutto il mondo, uno scandalo. Le aziende tedesche esportano in Africa, Asia e America Latina pesticidi altamente pericolosi che in Europa abbiamo vietato per proteggere la popolazione e l’ambiente”.
La necessità di fermare l’uso dei pesticidi emerge anche dal rapporto di recente pubblicazione Stop ai pesticidi 2021 di Legambiente, in collaborazione con Alce Nero, che rivela come la presenza di fitofarmaci sia ancora troppo diffusa negli alimenti italiani ed europei. “È urgente approvare quanto prima la legge sul biologico – dicono dall’associazione ambientalista – adottare il Pan, il Piano di azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari e un Piano strategico nazionale per l’applicazione della Pac che abbia come obbiettivo principale la forte riduzione della chimica di sintesi in agricoltura”.
Dei 2.519 campioni di alimenti di origine vegetale e prodotti derivati da apicoltura, italiani ed esteri, analizzati dal dossier, il 35 per cento è risultato contaminato – anche se entro le soglie di legge – con uno o più pesticidi, mentre l’1,39 per cento degli alimenti analizzati era irregolare. Sono state rinvenute 97 sostanze attive differenti, alcune altamente tossiche come il chlorpyrifos-methyl – il cui utilizzo è stato vietato nel 2020 dall’Unione europea, ma che continua ad essere usato per contrastare gli effetti della cimice asiatica, con specifiche deroghe per le coltivazioni più a rischio – il thiophanate-methyl e il mancozeb.
In linea con il trend degli anni passati, la frutta si conferma la categoria in cui si concentra la percentuale maggiore di campioni regolari, ma con uno o più residui, osservando come nel 53,59 per cento dei casi sono presenti tracce di almeno una sostanza attiva. In questa categoria, gli alimenti che presentano una maggior presenza di fitofarmaci sono l’uva da tavola (85,71 per cento), le pere (82,14 per cento), le fragole (71,79 per cento) e le pesche (67,39 per cento). Questi sono anche i prodotti a maggior contenuto di multiresiduo, Le maggiori irregolarità sono descritte, invece, da campioni di agrumi (3,47 per cento), piccoli frutti (4,44 per cento) e frutta esotica (3,13 per cento).
Nella verdura si osserva una maggior quantità di alimenti regolari senza residui (73,81 per cento), con solo poche tipologie che presentano elevate quantità di fitofarmaci come pomodori (60,20 per cento) e peperoni (48,15 per cento) che risultano anche quelli con più irregolarità. Tra gli alimenti trasformati, invece, il vino e il miele sono quelli con maggior percentuali di residui permessi, contando rispettivamente circa il 39,90 per cento e il 20 per cento.
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