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Ex bambini di strada guidano i turisti nella vita nascosta della capitale. Sono 11 milioni i bambini che in India vivono sui marciapiedi.
Alcuni campioni dello sci alpino hanno inviato una lettera alla Fis chiedendo azioni concrete per contrastare la crisi climatica e l’assenza di neve.
Gli effetti della crisi climatica si abbattono anche sul mondo dello sci alpino. La neve scarseggia ad ogni latitudine, la stagione fredda si accorcia sempre di più e il futuro degli sport invernali rischia di trasformarsi in un’incognita.
Per questo motivo, in occasione dei campionati del mondo di sci alpino a Courchevel Méribel, a mobilitarsi sono stati gli atleti stessi. In quasi 200 hanno firmato una lettera inviata alla Federazione internazionale di sci e snowboard (Fis), nella quale hanno chiesto al presidente Johan Eliasch di rivedere la propria strategia di sostenibilità e di agire con maggiore decisione per il contrasto all’emergenza climatica. Una vera e propria valanga, per restare nel gergo sciistico, per almeno due motivi.
Innanzitutto per il peso di alcuni dei firmatari: nella lista figurano infatti grandi campioni come il norvegese Aleksander Aamodt Kilde, la statunitense Mikaela Shiffrin e l’italiana Federica Brignone. E in secondo luogo perché la missiva finisce per alimentare le polemiche scoppiate dopo la decisione della Federazione di organizzare una seconda trasferta nordamericana per il circuito maschile. Già da alcuni anni la Fis sta cercando di allargare i confini del circo bianco: una strategia utile dal punto di vista economico ma decisamente impattante per l’ambiente. E il paradosso è che la mancanza di neve sia proprio uno degli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici.
“Stiamo già sperimentando – si legge nella lettera – gli effetti del cambiamento climatico nella nostra vita quotidiana e nella nostra professione. Siamo consapevoli degli attuali sforzi di sostenibilità che la FIS sta attuando e li consideriamo insufficienti. Questa è la nostra gara più importante, vinciamola insieme”. Gli atleti auspicano un programma di gare più ragionevole dal punto di vista geografico per ridurre le emissioni di carbonio, perché spesso sono previsti dei viaggi intercontinentali che potrebbero essere razionalizzati.Ad esempio, le gare di Beaver Creek a novembre e quelle di Aspen a marzo “sono a 50 chilometri di distanza l’una dall’altra e pianificare questi due appuntamenti l’uno dopo l’altro ridurrebbe enormemente gli sprechi”.
I firmatari della lettera chiedono inoltre di riorganizzare la stagione sciistica proprio alla luce degli effetti del cambiamento climatico, spostando l’inizio della stagione da fine ottobre a fine novembre e la fine da metà marzo ad aprile inoltrato. Già dopo l’ultima gara il norvegese Kilde aveva dichiarato: “Il mondo sta cambiando sul piano della sostenibilità ambientale e l’impatto sul nostro sport è enorme. Voglio che le generazioni future vivano l’inverno come noi e siano in grado di praticare queste discipline”.
A distanza di poche ore, la Federazione ha rigettato totalmente l’accusa di disinteressarsi del problema. Anzi, in una nota la Fis ha rimarcato come la sostenibilità sia stata messa al centro della strategia proprio dal 2021, quando il presidente Eliasch – già noto per i suoi incarichi in diverse associazioni ambientaliste – fu eletto alla guida dell’organismo che comanda la gran parte del panorama internazionale delle discipline invernali.
Sta di fatto che, secondo i dati di Cima research foundation, quest’anno sull’arco alpino si registra un drammatico meno 53 per cento di precipitazioni nevose. E che i cambiamenti climatici impattano in maniera sempre più intensa sul circuito bianco: se già da alcuni anni gli atleti denunciano quanto sia diventato difficile allenarsi nel periodo estivo, in questa stagione si è toccato il record negativo di gare cancellate e di variazioni del calendario.
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