Gli scienziati studiano un modo per trasformare la CO2 in roccia

È da tempo che se ne parla e molti sono gli esempi di cattura e di stoccaggio della CO2 (in gergo tecnico Ccs, ovvero Carbon capture and sequestration). Nello specifico il sistema viene oggi impiegato in alcune centrali termoelettriche, a gas o carbone, per ridurre le emissioni in atmosfera del processo di combustione. Ma i

È da tempo che se ne parla e molti sono gli esempi di cattura e di stoccaggio della CO2 (in gergo tecnico Ccs, ovvero Carbon capture and sequestration). Nello specifico il sistema viene oggi impiegato in alcune centrali termoelettriche, a gas o carbone, per ridurre le emissioni in atmosfera del processo di combustione.

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La CO2 si trasforma in roccia, in pochi mesi. Foto Kevin Krajick/Lamont-Doherty Earth Observatory

Ma i costi della tecnologia e soprattutto il problema di trovare gli spazi adatti dove stoccare l’anidride carbonica evitando fuoriuscite non controllabili, rendono questo sistema ancora poco utilizzato.  Per questo il nuovo esperimento chiamato Carbfix e ideato da un team di scienziati internazionali, potrebbe cambiare le sorti della cattura e dello stoccaggio della CO2.

In Islanda, terra ricca di rocce basaltiche, i ricercatori hanno infatti dimostrato che è possibile pompare il gas nel sottosuolo e soprattutto che questo, in determinate condizioni fisico chimiche, si trasforma in una roccia carbonatica.

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La centrale geotermica Hellisheidi a Reykjavi. Foto via Brennan Linsley /AP

 

L’esperimento di cattura della CO2 nella centrale geotermica Hellisheidi

Lo studio, pubblicato su Science, dimostra per la prima volta che è possibile stoccare la CO2 in maniera permanente e stabile. E ciò che più colpisce sono i tempi di trasformazione. Se una roccia impiega ere geologiche per diventare tale, con Carbfix l’anidride carbonica precipita in roccia carbonatica in meno di 2 anni. Un battito di ciglia per la geologia.

 

In più è stato dimostrato come il 95 per cento del gas, pompato tra i 400 e gli 800 metri di profondità, tra le rocce basaltiche (di origine vulcanica) si trasforma in roccia. Percentuale decisamente elevata. “I nostri risultati – si legge nell’articolo – dimostrano che lo stoccaggio a lungo termine delle emissioni di CO2 di origine antropica attraverso la mineralizzazione può essere molto più veloce di quanto precedentemente ipotizzato”.

 

“Le rocce carbonatiche nono fuoriescono dal sottosuolo, è ciò dimostra che abbiamo sviluppato un metodo sicuro e a ridotto impatto per stoccare la CO2”, ha dichiarato Juerge M. Matter, a capo dell’esperimento. “D’altra parte il basalto è la roccia più comune della Terra, il che significa avere enormi potenzialità di stoccaggio”. La base dell’esperimento è stata la centrale geotermica di Hellisheidi, poco fuori la capitale islandese. Qui dal 2012 vengono pompate nel sottosuolo 5 mila tonnellate di CO2 l’anno, trasformate successivamente in roccia.

I limiti del progetto

Perché la trasformazione abbia successo, servono però enormi quantità d’acqua. Il gas infatti viene miscelato con il liquido per abbassarne il pH e far sì che agisca chimicamente con i basalti circostanti. In proporzione si usa il 95 per cento di acqua, contro il 5 per cento di anidride carbonica. Secondo i ricercatori sarebbe comunque possibile utilizzare l’acqua di mare. Oltre al fatto che costruire centrali con questi sistemi richiederebbe costi elevatissimi. Per ora si tratta del primo passo che potrebbe portarci a trovare la soluzione per ridurre le emissioni climalteranti.

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