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Con il ritorno alla vita sociale, cala l’attenzione nella gestione domestica del cibo, ma l’Italia resta comunque il Paese più virtuoso nel G8 dello spreco.
La diminuzione dello spreco di cibo domestico in Italia era stata una delle conquiste più significative del lockdown della primavera 2020. Con il ritorno alla vita sociale, nella convivenza con il virus, l’indicatore dello spreco alimentare nelle case italiane torna invece a salire, interrompendo così il trend virtuoso dell’ultimo biennio.
A fotografare la situazione è l’Osservatorio Waste Watcher International con i dati del “Caso Italia” 2022, un’indagine promossa dalla campagna Spreco Zero di Last Minute Market in sinergia con l’Università di Bologna e Ipsos e diffusa in occasione della 9° Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio e che quest’anno ha come tema “One health, one earth. Stop food waste” per sottolineare come la prevenzione e la riduzione degli sprechi siano elementi chiave a presidio della salute dell’uomo e dell’ambiente.
I dati raccontano che gli italiani gettano in media 595,3 grammi di cibo pro capite a settimana, ovvero 30,956 kg annui: circa il 15 per cento in più del 2020 (529 grammi settimanali). Numeri che si accentuano a sud (+18 per cento di spreco rispetto alla media nazionale) e per le famiglie senza figli (+12 per cento rispetto alla media italiana). Lo spreco del cibo nelle case italiane vale complessivamente oltre 7 miliardi che diventano 10 miliardi e mezzo se si include anche lo spreco alimentare lungo tutta la filiera alimentare.
La preoccupazione economica per lo spreco alimentare diventa preoccupazione ambientale osservando l’effetto pandemia sulle abitudini di vita: ben 6 italiani su 10 (59 per cento) valutano che la situazione generale sia peggiorata in ragione del virus tra l’aumento dei rifiuti di plastica (mascherine, guanti, siringhe), la diminuzione dell’utilizzo del trasporto pubblico a favore dell’automobile, l’aumento dello shopping online e del delivery. Per questo gli italiani si dichiarano disposti a mettere in atto alcune varie buone pratiche: innanzitutto la raccolta differenziata (92 per cento), quindi la prevenzione dello spreco alimentare (91 per cento), e la riduzione dell’acquisto di prodotti con imballaggi in plastica (90 per cento). A proposito di packaging un italiano su due oggi si dichiara disposto a pagare fino al 5 per cento in più per una confezione capace di conservare più a lungo un prodotto alimentare.
Lo spreco, secondo quanto dichiarato dagli italiani, avviene nella maggior parte dei casi per dimenticanza del cibo acquistato (47 per cento), per deperimento veloce degli alimenti freschi (46 per cento), ma anche per acquisti eccessivi nel timore di non avere abbastanza cibo a casa (33 per cento).
Il primo strumento di contrasto allo spreco rimane così la lista della spesa seguita dalla gestione di frigorifero e dispensa che gli italiani preferiscono fare “alla vecchia maniera”: l’utilizzo delle app e di dispositivi di supporto agli elettrodomestici e dispense di casa non è ancora visto a larga maggioranza come strumento di riferimento nella lotta allo spreco. Meno del 10 per cento dichiara di utilizzarli o di considerarli strumenti utili nella gestione antispreco del cibo, mentre sono i cinesi i più tecnologici del pianeta, in tema di prevenzione dello spreco alimentare: fino al 17 per cento utilizzano app dedicate, in particolare per monitorare il cibo conservato a casa, ma anche per catturare l’invenduto di negozi e ristoranti.
Nonostante la risalita dello spreco alimentare nazionale l’Italia resta comunque la nazione più virtuosa nel “G8”dello spreco che vede i russi a quota 672 grammi settimanali, gli spagnoli a 836 grammi e quindi i cittadini inglesi con 949 g, i tedeschi con 1081 g, i canadesi con 1144 g, i cinesi con 1153 grammi e gli statunitensi con 1453 grammi.
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