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Le perforazioni in Congo di uno dei più grandi pozzi di assorbimento del carbonio del Pianeta potrebbe rilasciare gas serra equivalenti alle emissioni annuali del Giappone.
In Congo le torbiere tropicali più grandi del mondo rischiano di essere distrutte dalle attività petrolifere. La giungla congolese sembrerebbe oggi essere l’ultima frontiera per l’esplorazione petrolifera e la Petroleum exploration and production africa (Pepa) stima che il giacimento petrolifero potrebbe contenere 359 milioni di barili di petrolio, sebbene molte aziende del settore petrolifero tra cui Total e Shell ritengono che il dato non sia affidabile. Secondo la società, sfruttando la risorsa petrolifera si potrebbe quadruplicare la produzione petrolifera del Paese e si risolverebbero i problemi finanziari legati al debito. Se si iniziasse a trivellare la zona, l’area emetterebbe 1,34 gigatonnellate di carbonio, la stessa quantità di anidride carbonica che il Giappone emette annualmente.
The Cuvette Centrale is rich in biodiversity & contains around 30 gigatonnes of carbon, equivalent to 15 years of emissions from the USA.
Protecting this massive peatland in Central Africa a huge win for the planet, & the people & animals living there. https://t.co/luzzW9jFyC
— UN Environment Programme (@UNEP) March 19, 2019
Preservare le torbiere della Cuvette Centrale del Congo, che sono grandi come l’Inghilterra e immagazzinano 30 miliardi di tonnellate di carbonio, è fondamentale.
La Cuvette Centrale fa parte del bacino del Congo, che è la seconda foresta tropicale più grande e una delle aree più remote del mondo. Questa regione incontaminata è sommersa dall’acqua per la maggior parte dell’anno e è un importante habitat per gli elefanti della foresta e i gorilla in via di estinzione. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Nature nel 2017, i 145.500 chilometri quadrati di torbiere hanno immagazzinato l’equivalente di tre anni di emissioni globali di combustibili fossili, rendendoli uno dei più grandi pozzi di assorbimento di carbonio del Pianeta.
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Simon Lewis, il professore del Global Change Science all’Università di Leeds che ha guidato il team di ricerca UK-Congo che ha trovato le torbiere, sostiene che preservare le torbiere è “essenziale per rispettare gli impegni dell’Accordo di Parigi“. L’afflusso di persone nella regione legato alle estrazioni petrolifere aumenterebbe anche la caccia, genererebbe la costruzione di strade e un ulteriore sfruttamento delle risorse dell’area. “Ci sono enormi quantità di carbonio e biodiversità in questa zona, dovrebbe quindi essere una delle regioni in cui attuare progetti di sviluppo che non portano alla distruzione del suo ambiente naturale”, ha detto Lewis.
Colin Robertson, un attivista di Global Witness che ha lavorato all’indagine sulle torbiere del Congo, sostiene che: “La grande quantità di carbonio immagazzinata nelle foreste torbiere del bacino del Congo è di importanza globale nella lotta contro i cambiamenti climatici. L’area è uno degli ultimi posti sulla Terra in cui si dovrebbe considerare l’estrazione di combustibili fossili, qualsiasi investitore responsabile dovrebbe escludere questo tipo di attività”.
Delle foreste tropicali presenti sul Pianeta, l’Amazzonia è stata fino a oggi considerata il più potente pozzo di assorbimento di carbonio. Ma un recente studio pubblicato sulla rivista Nature rileva che le foreste africane hanno superato l’Amazzonia e ora assorbono una quota maggiore rispetto all’aumento delle emissioni globali di CO2.
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Lo studio avverte quanto oggi si registri un indebolimento dei pozzi naturali, essenziali per mitigare l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera. “Il picco di sequestro del carbonio da parte delle foreste tropicali si è verificato negli anni ’90 e da allora la loro capacità è andata diminuendo”, spiega Wannes Hubau, ricercatore del Royal museum for Central Africa. L’Amazzonia, la cui capacità di sequestro è diminuita di un terzo in 20 anni, entro il 2040 potrebbe emettere più CO2 di quanta ne assorba. La ridotta capacità di assorbimento è dovuta principalmente alla deforestazione, ma entra in gioco anche la dinamica interna degli ecosistemi forestali sotto l’effetto del riscaldamento globale. Non tutte le foreste reagiscono allo stesso modo e i grandi massicci del bacino del Congo sono più resistenti. In entrambi i continenti, l’aumento delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera ha portato a un’enorme accelerazione della crescita degli alberi, ma l’aumento delle temperature e le ripetute siccità stanno compensando questo fenomeno riducendo il numero di alberi.
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