
Le comunità energetiche rinnovabili sono indispensabili per la transizione ecologica e hanno vantaggi ambientali, economici e sociali. Ecco come funzionano.
Nonostante la crisi economica e sanitaria, le fonti rinnovabili continuano a guadagnare terreno sui combustibili fossili. L’editoriale di Duegradi.
Sono tempi incerti. In queste torride giornate d’agosto, che i più fortunati staranno passando sotto un ombrellone, è più facile non pensarci, ma stiamo attraversando una crisi epocale in cui l’economia di diversi Paesi (inclusa l’Italia) si è contratta a dei livelli paragonabili agli anni più bui della Seconda guerra mondiale. Sono tempi incerti in cui la maggior parte dei governi stenta, per usare un eufemismo, ad indicare una via d’uscita. Eppure, anche in questi mesi così difficili, l’avanzata delle energie rinnovabili non si è fermata.
Le rinnovabili si sono dimostrate resilienti anche nei mesi più duri della pandemia di Covid-19. Le buone notizie sono arrivate soprattutto dal settore dell’energia elettrica. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), nel primo quadrimestre del 2020 il 28 per cento dell’elettricità a livello mondiale proveniva da fonti rinnovabili, un miglioramento rispetto al 26 per cento nello stesso periodo del 2019. È un dato che acquisisce un significato ancora più rilevante se consideriamo che, allo stesso tempo, è diminuita l’elettricità proveniente dalle centrali a carbone (dal 36 al 34 per cento). Il divario si assottiglia.
Naturalmente non ci sono solo i lati positivi. Per la prima volta dal 2000, la Iea prevede un rallentamento nella crescita delle rinnovabili. In sostanza, nel 2020 il totale dell’elettricità prodotta dalle rinnovabili aumenterà, ma ad un ritmo più lento rispetto al 2019. Non è un bel segnale, nel momento in cui il mondo dovrebbe cominciare a correre verso l’obiettivo di azzeramento delle emissioni di gas serra (avrebbe già averlo dovuto fare da tempo, ma questa è un’altra storia). Tuttavia, vogliamo provare a pensare positivo: a causare questa frenata sono stati probabilmente i mesi in cui le attività produttive si sono fermate, come in un sortilegio, e noi siamo rimasti in casa, in attesa. Se questo è vero, la maggior parte dei progetti rinnovabili previsti per il 2020, e poi rimandati, dovrebbero vedere la luce nel 2021. A patto, naturalmente, che i governi li supportino.
In Europa, l’Ue ha tracciato un percorso di ripresa ambizioso (seppur in parte annacquato dalle decisioni prese nell’ultimo Consiglio europeo) anche in ambito climatico. Un percorso che può essere intrapreso con cauto ottimismo, soprattutto alla luce di un dato: nella prima metà del 2020, per la prima volta nella storia, l’elettricità prodotta in Europa da fonti rinnovabili è stata maggiore di quella proveniente da combustibili fossili (40 per cento contro 34). Non dobbiamo farci ingannare: si tratta di un traguardo che potrebbe anche non essere riconfermato nel più prossimo futuro – soprattutto, e perdonerete la ripetizione, senza un vero supporto dei governi nazionali. Insomma, un traguardo innanzitutto simbolico. Ma servono anche i simboli, in questi tempi incerti.
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