Per abbattere l’impatto ambientale dell’agricoltura, il governo della Danimarca ha deciso di convertire in foreste il 10 per cento dei campi coltivati.
Benard Kioko Ndaka, chi è l’attivista che lotta per la riforestare il Kenya
Favorire la riforestazione educando i giovani alla conservazione. Come l’attivista del Kenya Benard Kioko Ndaka sta combattendo la crisi climatica.
Dal 2016 Benard Kioko Ndaka si sta guadagnando un’ottima fama nel continente africano grazie al suo attivismo per il clima, avendo preso parte al movimento Fridays for future e combattere gli effetti dei cambiamenti climatici. Il cartello di protesta che porta in piazza ogni venerdì contiene una frase semplice, scritta a mano: No planet B – We need action now, non c’è un pianeta B, dobbiamo agire subito. Traendo ispirazione dall’attivista per il clima svedese Greta Thunberg e dalla celebre attivista sociale, ambientale e politica keniana Wangarĩ Maathai, Ndaka ha piantato oltre seimila alberi nella provincia di Nairobi, in Kenya. E grazie ai social network, le sue azioni hanno iniziato a diffondersi, influenzando molti giovani in tutta l’Africa.
Obiettivo: un milione di nuovi alberi in Kenya
Ndaka ha 30 anni ed è nato nella periferia di Muumandu, una località che si trova a 87 chilometri da Nairobi, la capitale del Kenya. Il suo attivismo per il clima è iniziato quando aveva 19 anni. “Ho notato che l’impatto della deforestazione nel nostro paese stava andando fuori controllo. L’aspetto più triste è che molte persone non sanno quali conseguenze abbia tagliare gli alberi, dunque ho deciso di agire, piantando degli alberi e insegnando questa pratica agli studenti nella mia comunità. Inoltre, ho fondato la mia organizzazione non-profit, che si chiama Global green economy Kenya“, spiega Ndaka.
“La mia missione è piantare più di un milione di alberi nel mio paese, il Kenya”, aggiunge. “Mi sto impegnando per contrastare l’impatto della crisi climatica, particolarmente in Garissa e Wajir, che sono le province settentrionali più aride. Ci sono persone in queste regioni che stanno morendo di fame, mentre migliaia di altri sono a rischio. Tutto ciò ha a che fare con il riscaldamento globale”.
Non c’è dubbio sul fatto che la crisi climatica sia già arrivata. E mentre il suo impatto si va intensificando, saranno i bambini e i giovani di oggi che subiranno i suoi effetti più devastanti. La fondazione di Ndaka usa lo sport per educare ragazze e ragazzi su quanto sia importante prendere sul serio l’azione per il clima. Attraverso l’iniziativa Trees for goals (Un albero per ogni gol), la fondazione pianta un albero per ogni gol segnato durante partite di scuole che aderiscono all’iniziativa. Finora sono stati piantati più di 6.000 alberi in tutto il paese.
“Abbiamo integrato il calcio con l’educazione ambientale per approfittare delle attività preferite dei bambini e ragazzi nella mia comunità in modo da insegnare loro a proteggere l’ambiente. Sono convinto che sia giunta l’ora di cambiare le cose nel mondo”, spiega Ndaka.
Pregiudizi sui cambiamenti climatici
Ndaka ha anche invitato i governi africani a collaborare con diverse istituzioni regionali e globali per rafforzare i loro interventi contro i cambiamenti climatici e iniziare a ridurre le emissioni di CO2: “Ridurre la nostra impronta ecologica può aiutarci a vivere uno stile di vita più sano e a risparmiare denaro. Sia che si tratti di aria più pulita che di una dieta più sana o di bollette energetiche ridotte, i benefici della riduzione della nostra impronta ecologica significano anche che stiamo facendo la nostra parte per il clima”, afferma Ndaka.
L’attivista keniano ha inoltre denunciato i pregiudizi dei leader africani. “Non considerano la crisi climatica come una delle sfide più importanti. Benché si stiano vedendo gravi siccità, alluvioni, e fenomeni meteoroligici imprevedibili, le risorse destinate alla lotta ai cambiamenti climatici rimangono ridotte”, fa notare Ndaka.
Un appello per il clima dalle comunità religiose
A un incontro che si è tenuto di recente al Donum Dei sisters centre a Karen Town, Nairobi, i vescovi cattolici del Kenya hanno fatto appello ai fedeli del paese per una raccolta di offerte di cibo per le regioni colpite da una gravissima siccità. In una dettagliata lettera pastorale, i vescovi hanno affermato che l’attuale situazione di siccità che sta colpendo quasi tutte le province nelle zone aride e semi-aride del paese è una questione molto preoccupante.
“Richiede un’azione urgente e decisiva da parte di tutti noi. In quanto vostri pastori, facciamo appello a tutti i fedeli nelle parrocchie e a tutte le persone benevolenti di esprimere la loro solidarietà con i fratelli e le sorelle colpite, facendo donazioni di cibo e offrendo altre forme di assistenza, come per esempio agevolando i trasporti. Attraverso le nostre diocesi, dobbiamo trovare i modi e i mezzi di garantire che queste donazioni arrivino a coloro che sono stati colpiti dalla siccità. Nessun keniano dovrebbe morire di fame”, scrivono.
I vescovi hanno accusato il governo di ciò che hanno definito “una reazione troppo lenta” alla crisi idrica. Hanno inoltre fatto appello al governo di Nairobi di rispondere per una risposta più rapida e coordinata per aiutare le popolazioni colpite, diminuire la sofferenza ed evitare che la siccità di trasformi in una crisi umanitaria.
Il tempo stringe per salvare il pianeta
Durante le ultime conferenze sul clima, i leader di tutto il mondo hanno provato ad accelerare le attività mirate a realizzare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Durante la Cop26 e la Cop27, molti hanno evidenziato i ruoli fondamentali e interdipendenti delle foreste, della biodiversità, e dell’uso sostenibile del territorio nel permettere al mondo di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile e nel conseguire l’obiettivo delle emissioni nette zero entro il 2050. Del resto, c’è una necessità urgente di collaborazione tra le nazioni di tutto il mondo per assistere le nazioni colpite dalla crisi climatica. Dobbiamo proteggere e ripristinare gli ecosistemi che sono sull’orlo del collasso, facendo in modo che i mezzi di sussistenza che supportano vengano salvaguardati.
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