Le bioplastiche si degradano senza inquinare i mari. Ma non vanno buttate

Tre ricerche commissionate dalla società Novamont confermano la biodegrabilità delle bioplastiche in Mater-Bi e la non tossicità per l’ecosistema marino.

La plastica biodegradabile e compostabile è un’alternativa realmente ecologica rispetto a quella prodotta a base di petrolio? Ed è in grado di rispettare un ecosistema delicato come quello marino? Per rispondere alla domanda la società italiana Novamont, da anni leader nel settore delle bioplastiche, ha realizzato una serie di studi scientifici, in parte nei propri laboratori e in parte commissionati ad alcuni enti di ricerca. I risultati sono stati presentati il 1 luglio a Roma. E appaiono decisamente rassicuranti.

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La presentazione dei risultati delle ricerche effettuate sulle bioplastiche in Mater-Bi di Novamont, il 2 luglio 2019 a Roma © Novamont

“Ma anche le bioplastiche devono essere destinate al compostaggio”

Una premessa è d’obbligo: “La scienza – conferma la stessa azienda novarese in un comunicato – ci dice che qualsiasi sostanza, materiale, prodotto rilasciati in natura crea un potenziale rischio ecologico. Anche versare in mare dell’olio di oliva da una scatoletta di tonno è un potenziale danno per l’ecosistema marino”. È per questo che “il fine-vita dei prodotti compostabili deve continuare ad essere quello per cui sono stati progettati: il compostaggio industriale attraverso la raccolta differenziata e il recupero degli scarti di cucina e del giardino”.

Detto ciò, purtroppo spesso gli imballaggi non vengono recuperati ma abbandonati in natura. E cosa accade in questi casi se si tratta della bioplastica prodotta da Novamont, ovvero di Mater-Bi? Gli studi si sono concentrati su tre aspetti: la biodegradabilità intrinseca marina (vagliata nei laboratori Novamont), la disgregazione in ambiente marino (verificata dall’istituto tedesco di ricerca e documentazione di biologia Hydra Marine Sciences) e l’ecotossicità rilasciata nei sedimenti (analisi affidata all’università di Siena).  

Velocità di biodegradazione simile a quella della carta

Gli studi sono stati inoltre effettuati seguendo gli standard internazionali che prevedono l’esposizione dei campioni di plastica ai microorganismi presenti nei sedimenti marini e la misurazione della trasformazione della plastica in CO2.

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Per quanto riguarda la biodegradabilità, “le prove eseguite dai ricercatori dei laboratori Novamont – spiega l’azienda – hanno mostrato che il Mater-Bi raggiunge alti livelli di biodegradazione, sostanzialmente uguali a quelli dalla carta, usata come materiale di riferimento, in un periodo di test inferiore ad un anno”. Inoltre, “è stato dimostrato che la velocità di biodegradazione aumenta al diminuire delle dimensioni delle particelle sottoposte a test. Questo significa che il Mater-Bi non rilascia microplastiche persistenti, in quanto biodegradabili completamente nel giro di 20-30 giorni”.  

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I sacchetti in bioplastica Mater-Bi prodotti da Novamont © Novamont

Sacchetti scomparsi in acqua marina nel giro di alcuni mesi

La valutazione sulla disgregazione in ambiente marino è stata condotta da Christian Lott, ricercatore dell’istituto tedesco di ricerca e documentazione di biologia marina Hydra Marine Sciences nella base all’Isola d’Elba dell’istituto. “La prova ha riguardato i sacchetti compostabili per frutta e verdura. In pratica, sedimenti sabbiosi, prelevati da differenti zone costali dell’isola, sono stati introdotti in acquari con acqua di mare, in modo da simulare il fondale marino ove i rifiuti tendono naturalmente ad accumularsi. I sacchetti sono stati collocati negli acquari e prelevati a tempi differenti per verificare la disgregazione”.

Il risultato dell’indagine indica che “il tempo necessario per una completa sparizione dei sacchetti frutta/verdura in Mater-Bi si aggira tra meno di quattro mesi a poco più di un anno, a seconda della natura dei fondali presi in considerazione e delle loro caratteristiche chimico-fisiche e biologiche”.

Nessuna traccia di elementi tossici nella fauna marina

L’ecotossicità del Mater-Bi è stata quindi valutata da Maria Cristina Fossi e Silvia Casini, del dipartimento di Scienze fisiche della Terra e dell’Ambiente dell’università di Siena. “Sono stati effettuati dei test su tre specie di organismi esposti a estratti (“elutriati”) di sedimenti marini inoculati con Mater-Bi o con cellulosa. I sedimenti sono stati incubati a 28°C e testati dopo 6 mesi, quando erano visibili chiari segni di degradazione del Mater-Bi e dopo 12 mesi, quando i campioni inoculati erano completamente scomparsi”.

Gli organismi selezionati sono le alghe unicellulari, il riccio di mare e la spigola. “I primi due – prosegue Novamont – sono stati utilizzati per indagare eventuali effetti di inibizione della crescita e di embriotossicità, mentre gli esemplari giovanili di spigola sono stati testati per valutare possibili effetti subletali. Gli elutriati di sedimenti inoculati con Mater-Bi per 6 e 12 mesi hanno mostrato assenza di effetti tossici negli organismi modello esposti in questo studio. Il processo di degradazione del Mater-Bi non ha generato e trasferito sostanze tossiche negli elutriati in grado di provocare alterazioni nella crescita delle alghe unicellulari, embriotossicità nel riccio di mare e stress ossidativo o genotossicità nella spigola”.

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L’amministratrice delegata di Novamont Catia Bastioli © Novamont

L’ad Catia Bastioli: “Economia circolare chiave per la salvaguardia della Terra”

“Tutti i prodotti devono essere raccolti e riciclati – ha commentato il coordinatore delle ricerche, Francesco Degli Innocenti – compresi quelli biodegradabili in Mater-Bi, che devono essere recuperati sotto forma di compost insieme ai rifiuti di cucina. Niente deve essere abbandonato né in suolo né in mare in maniera irresponsabile, perché questo crea comunque un rischio ecologico potenziale. La biodegradabilità intrinseca dei prodotti in Mater-Bi rappresenta un fattore di mitigazione del rischio ecologico che non deve diventare messaggio commerciale ma ulteriore elemento di valutazione del profilo ambientale dei prodotti biodegradabili”.

L’amministratrice delegata di Novamont Catia Bastioli ha aggiunto che “in meno di un secolo siamo passati da un Pianeta vuoto ad un Pianeta pieno dal punto di vista della popolazione, delle concentrazioni di gas ad effetto serra nell’atmosfera, delle quantità di prodotti immessi sul mercato. Se vogliamo affrontare in modo serio e concreto le sfide ambientali e sociali complesse che abbiamo davanti dobbiamo ragionare in termini di valore più che di volumi, in una logica di economia circolare. La rigenerazione di queste preziose risorse richiede di minimizzare l’uso dei prodotti e di ripensarli lungo tutto il ciclo di vita”.

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