Cosa sarà, idee e speranze per il futuro nel primo streameeting Coop

Testimonianze, racconti e progetti per un futuro più sostenibile hanno animato Cosa sarà, grande evento web organizzato da Coop.

L’evoluzione del pianeta e della nostra vita, raccontata attraverso progetti e testimonianze, ma anche arte e musica. Con questa formula ha preso vita l’evento web Cosa sarà, primo streameeting organizzato da Coop, per raccontare idee, esperienze già in atto, ma anche impegni, preoccupazioni e speranze, che oggi muovono l’umanità nella direzione di uno sviluppo sostenibile. Una comunione d’intenti, in cui le catene della grande distribuzione possono e devono giocare un ruolo da protagoniste, quali anelli strategici di tutta la filiera agroalimentare. Uno sforzo che Coop assume da sempre come una missione sociale, per andare incontro al futuro con consapevolezza e dimostrare che cambiare il mondo si può.

Per due sere, il 13 e 14 novembre, i giornalisti Tommaso Labate e Natasha Lusenti hanno condotto live dal Teatro Duse di Bologna quello che hanno definito un “pazzo format”, con ospiti illustri, presenti dal vivo e con collegamenti nazionali e internazionali. Il tutto trasmesso in diretta sul sito e i social del Corriere e di Coop e accompagnato dalla musica della resident band dei Ridillo e dalle creazioni artistiche dei fumettisti e disegnatori del Collettivo Becoming X.

“Non solo profitto”, la missione di Coop

L’idea di questo format nasce da un desiderio molto semplice, animato da una missione molto ambiziosa: “parlare di cose importanti, con un pizzico di simpatia e leggerezza”. Così il presidente Coop Marco Pedroni, dal palco del teatro Duse ha descritto Cosa sarà. Lo show ha dovuto debuttare in una sala senza pubblico, come il dpcm impone, offrendo un’immagine quanto mai evocativa del momento che stiamo attraversando.

“Durante il primo lockdown ci siamo accorti di quanta fragilità ci può essere nelle persone e ci siamo attivati per rendere i nostri servizi più accessibili”, ha raccontato Pedroni, riferendosi non soltanto alla fragilità economica, ma anche sociale di quei cittadini che fanno più fatica ad avere accesso ai servizi e alle informazioni. “Per esempio, insieme all’Anci e alla Protezione Civile, abbiamo attivato la spesa a domicilio per chi non poteva venire al punto vendita”. Un impegno che si inserisce in quella che per Coop rappresenta da sempre una missione.

Le imprese e soprattutto le imprese cooperative come le nostre, devono occuparsi dell’accesso a un cibo buono e sicuro per tutti. Non possono pensare solo al business e al profitto.

Marco Pedroni, presidente Coop Italia 

Una nuova cultura di fare la spesa

Al tema dell’accessibilità, Coop affianca quello dell’inclusione sociale. Un esempio è il nuovo supermercato autism friendly, inaugurato a Monza, grazie alla collaborazione con due associazioni di familiari di persone autistiche e ai dipendenti di Coop, che sono intervenute durante la diretta web per raccontare la loro esperienza. Primo in Italia nel suo genere, questo negozio è stato realizzato usando sistemi di comunicazione aumentativa per  la mappatura delle corsie e la disposizione dei prodotti e adottando un sistema di stimoli sonori più attenuati (dagli altoparlanti, alle casse) .

Noi non siamo solo un’impresa, ma un movimento di persone con la missione di essere un fattore formidabile di coesione sociale, di emancipazione e uguaglianza.

Marco Pedroni, presidente Coop Italia

Ipercoop autism friendly Monza
L’Ipercoop autism friendly di Monza è il primo esempio in Italia di supermercato progettato con un sistema di comunicazione aumentativa © Coop Italia

Un altro esempio di questo impegno è stato raccontato durante lo streameeting da Daniele Ara, presidente del quartiere Navile di Bologna. Qui il punto vendita Coop è stato infatti protagonista di un interessante progetto di rigenerazione urbana, che ha portato il punto vendita a ridimensionarsi in ottica smart, lasciando spazio a un’iniziativa di pubblica assistenza, a una sede di Legambiente e al progetto teatrale di integrazione multiculturale Cantieri Meticci.

Più recente e attuale è il progetto di consegna etica, nato qualche mese fa sulla spinta del comune di Bologna, insieme alla Fondazione innovazione urbana. A parlarne a Cosa sarà è stato Federico Fasol della cooperativa Dynamo, che si occupa di consegnare la spesa, per conto di Coop e altri negozi, garantendo la tutela dei diritti dei lavoratori e la sostenibilità ambientale. In un momento in cui il sistema di delivery è in piena evoluzione e mostra ancora zone d’ombra, questa iniziativa si distingue proprio perché offre ai suoi  fattorini tutti i diritti di un contratto nazionale del lavoro, adottando mezzi di trasporto green, quali biciclette e cargo bike.

“La pandemia ci ha fatto visualizzare la crisi ambientale”

Sono state tante le esperienze e le testimonianze che si sono alternate nel corso delle puntate di Cosa sarà. Da New York è intervenuto il pluripremiato antropologo e scrittore indiano Amitav Gosh, che con il suo saggio del 2017, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile (Neri Pozza), ha analizzato l’incapacità del nostro tempo di affrontare in modo serio la questione ambientale. “La pandemia e un modo per visualizzare gli effetti del cambiamento climatico”, ha commentato Gosh in diretta, esprimendo anche una certa dose di preoccupazione. “Il fatto che non siamo ancora riusciti a fare i conti con lei mi insospettisce su come affronteremo il futuro”.

Ad offrire un faro nella nebbia è, secondo Gosh, Papa Francesco, che con la sua enciclica Laudato si’ ha offerto al mondo “il documento più importante sul cambiamento climatico e la leadership più incisiva sul tema”.

Penso che stiamo andando verso un tempo di grosse lacerazioni, ma dobbiamo procedere e fare tutto il possibile per il genere umano.

Amitav Gosh, antropologo e scrittore

“Dobbiamo imparare dalle piante”

In collegamento dalla sede di Unicoop Firenze, Stefano Mancuso, scienziato di prestigio mondiale, professore all’Università di Firenze, nonché direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (Linv), che insieme a Pnat ha portato avanti il primo test a livello mondiale di una serra indoor nel punto vendita Coop Firenze di Novoli, per la depurazione dell’aria dagli inquinanti.

Autore di numerosi libri tradotti su scala globale, sull’intelligenza del mondo vegetale e sulla biodiversità (l’ultimo è Plant revolution, ed. Giunti), Mancuso ha spiegato quali vantaggi potremmo trarre per la nostra sopravvivenze se copiassimo il comportamento delle piante, che tra l’altro rappresentano l’85 p er cento della vita sul pianeta. La loro resilienza, la loro capacità di ottimizzare le risorse e fare rete sono infatti strategie formidabili da cui trarre insegnamenti.

L’uomo si è sempre più astratto dalla natura, ma la nostra sopravvivenza richiede un equilibrio tra tutte le specie. Io, però, sono un inguaribile ottimista e penso che, essendo l’uomo una specie giovane (abbiamo solo 300mila anni), imparerà in fretta.

Stefano Mancuso, neurobiologo delle piante

“Dagli oceani dipende il nostro futuro”

Dalla salute delle nostre acque dipende la nostra vita. Un tema sempre più urgente questo, di cui anche Coop si è fatta carico in questi anni, con un occhio di riguardo all’inquinamento da plastica. L’ultima iniziativa riguarda l’adesione al progetto LifeGate PlasticLess e la campagna Le nostre acque, con cui la cooperativa si è impegnata a installare 25 cestini mangia plastica Seabin lungo mari e corsi d’acqua del nostro Paese.

A parlarne a Cosa sarà è stato chiamato Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, che ha sottolineato l’importanza di proteggere le acque illustrando i risultati di questa iniziativa.

Potremo vivere il futuro in due modi: o con grande entusiasmo o con grande angoscia. Come in tutte le grandi sfide, dipenderà da come ci arriviamo e se ci saremo preparati.

Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate

A parlare di mari e oceani in modo molto incisivo e anche poetico è stata Maria Sole Bianco, biologa esperta di conservazione dell’ambiente marino, protagonista del monologo “Caro pianeta ti scrivo”. Nata in Sardegna, Maria Sole il rispetto e l’amore per il mare lo ha coltivato fin da bambina, arrivando a comprendere presto come quella immensa “bellezza fosse direttamente proporzionale alla sua fragilità”. Una consapevolezza che l’ha portata nel tempo a scegliere di diventare lei stessa “la voce” di quel gigante blu. Un gigante che rappresenta il 71 per cento della superficie terrestre e che ospita l’80 per cento delle specie viventi, ma che ad oggi conosciamo ancora pochissimo (solo il 20 per cento dei suoi fondali è stato esplorato). Un vero e proprio polmone blu, che ci fornisce il 50 per cento dell’ossigeno che respiriamo, oltre a essere nostra insostituibile fonte di sostentamento e nutrimento. Non solo. L’oceano è stato finora anche il nostro più grande alleato nella mitigazione del clima, assorbendo il 90 per cento della temperatura in eccesso.

Una generosità che l’uomo ha ripagato defraudandolo della sua fauna, mettendo a rischio la sua biodiversità e riversandogli dentro 8 milioni di plastica ogni anno, “come se un tir rovesciasse in mare ogni minuto il suo carico”.

Ci stiamo giocando la linfa vitale del nostro pianeta: gli oceani. Ma possiamo ancora ristabilire un equilibrio. Da ciò che faremo in questi anni dipenderà il futuro del pianeta nei secoli a venire.

Maria Sole Bianco, biologa marina

Una filiera etica per fronteggiare la fame

Un altro tema caldo e centrale affrontato durante lo streameeting Coop è stato quello della filiera agroalimentare. A intervenire sul tema anche Pif, che ha dialogato con i conduttori sulle contraddizioni presenti nel sud Italia, sottolineando la necessità di un cambio di sistema in cui il consumatore finale è chiamato, insieme alla politica, ad essere un protagonista attivo del cambiamento.

Da Torino i conduttori si sono collegati anche con il negozio e bistrot Fiorfood Coop, dove insieme a imprenditori locali si è approfondito il tema delle filiere, il rapporto con il territorio e l’importanza di tutelare la tradizione.

Sul tema dello sfruttamento dell’ambiente e dei lavoratori è intervenuto anche Stefano Liberti, giornalista, scrittore del libro Terra bruciata – Come la crisi cambierà la nostra vita (Rizzoli), in cui fotografa l’impatto dei cambiamenti climatici sul Belpaese e propone collegamenti tra la tutela dell’ambiente e la pandemia.

La sua analisi parte da un dato allarmante. In Italia nel 2019 sono stati registrati 1665 eventi estremi e nel 2020 siamo già a 1400. “Il fatto è che se ne parla solo quando gli effetti sono rovinosi o colpiscono le grandi città”, ha spiegato Liberti che per un anno ha girato il Paese e incontrato allevatori e agricoltori. “L’Italia è quello che si definisce un hotspot climatico, dove gli effetti del riscaldamento globale sono più vistosi che altrove. Questo accade per via della morfologia del territorio e dell’esposizione, che la pone al centro del Mediterraneo, che è un mare più chiuso e si scalda di più degli oceani. Ma c’è anche un elemento antropico alla base: dagli anni ’60 abbiamo violentato il nostro territorio, con la cementificazione selvaggia”.

Gli operatori agricoli, sono ben consapevoli di questa situazione, che li riguarda insieme come vittime e carnefici. Sempre più consapevoli dell’impatto ambientale causato dall’industria agroalimentare, molti si stanno infatti spostando verso pratiche più sostenibili. Ciò che serve, ricorda Liberti: “è una politica di filiera etica, industriale, che includa produttori, gdo e consumatori. Quando vediamo il sottocosto interroghiamoci su chi lo sta pagando, perché spesso è il lavoratore della campagna o l’ambiente, che viene sfruttato”.

Una visione lucida sul grande tema della fame e del futuro dell’alimentazione nel mondo lo ha dato Elisabetta Tola, giornalista scientifica, esperta in data journalism. Attraverso i numeri, “utili per capire i fatti”, ha ribaltato la classica questione della penuria alimentare dimostrando che “per sfamare il mondo non dobbiamo limitarci a pensare di dover produrre di più”. I numeri, infatti, mostrano come concentrare l’attenzione sull’agroindustria e la grande produzione, a scapito dei piccoli agricoltori (come si è fatto in questi anni) non sia la soluzione. Questi ultimi, infatti, producono ben il 70 per cento del cibo consumato nel mondo e lo fanno consumando solo il 25 per cento dei terreni coltivati. Un dato che mostra come le grandi aziende risultino spesso altamente inefficienti.

Il supermercato del futuro

Una overview dell’osservatorio Coop sulla sostenibilità 2020 presentato allo streameeting ha offerto la sintesi di quanto raccolto in queste due serate. Quella della sostenibilità è raccolta da Coop come una sfida collettiva, che ci chiede di cambiare radicalmente il modo in cui ci rapportiamo alla natura e tra di noi. Un cambiamento che ha la circolarità come obiettivo primario da perseguire insieme, partendo dalla tutela della biodiversità, elemento fondamentale per la salute del pianeta. Il supermercato del futuro dovrà accogliere questa sfida avendo come cardini l’inclusività, le colture naturali, il benessere animale, la valorizzazione del territorio e delle tradizioni, controllando gli effetti della globalizzazione e puntando sulla stagionalità e la filiera corta. Temi su cui Coop lavora da tempo e che diventeranno sempre più protagonisti nelle sue scelte strategiche.

A ribadirlo anche Maura Latini, amministratore delegato Coop Italia, che, intervenuta allo streameeting, ha sottolineato come l’urgenza di cambiare rotta si fosse fatta strada nella società già prima della crisi.

“Abbiamo visto lo sforzo di Greta Thunberg e dei tanti ragazzi che il suo esempio è riuscito ad attivare. Dai Fridays for future ai ragazzi di Papa Francesco, le nuove generazioni hanno molto più chiara di noi questa urgenza e credono in una responsabilità collettiva. Noi di Coop vogliamo dare un contributo serio a questo cambiamento che guarda al futuro e io stessa continuerò a mettere sempre più cuore in questo impegno, che ha caratterizzato tutta la mia vita”.

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