Economia circolare, una strategia per pesare meno sul pianeta

Secondo il Circular economy network, l’economia circolare permette di ridurre le emissioni globali del 39 per cento, rendendo più competitive le imprese.

Se vogliamo abbattere le emissioni di gas serra a livello globale per evitare le peggiori conseguenze dei cambiamenti climatici, dobbiamo anche ridurre drasticamente il consumo di nuove materie prime. Come? Passando da un’economia di tipo lineare al modello noto come economia circolare, dove tutti i prodotti alla fine del loro ciclo di vita non diventano rifiuti da smaltire, ma materie seconde di valore, da riutilizzare per realizzare nuovi oggetti. In breve: un modello in cui differenziare meglio e adottare tecnologie per riciclare di più e in maniera più efficiente riduce la nostra pressione sul pianeta e argina gli effetti del riscaldamento globale.

Economia circolare: una strategia Ue per abbattere la CO2

Del resto, i dati riportati dal Terzo rapporto sull’economia circolare in Italia, realizzato da Circular economy network col supporto dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea) e il ministero della Transizione ecologica, parlano chiaro: se nel mondo si raddoppiasse l’attuale tasso di circolarità, ovvero la percentuale di materie seconde sul totale delle risorse utilizzate, a livello globale si eliminerebbe dall’atmosfera il 39 per cento dei gas serra, pari a ben 22,8 miliardi di tonnellate di CO2. Senza contare il risparmio in termini di materie prime. Secondo un calcolo della Ellen McArthur Foundation, per esempio, il solo riciclo e riutilizzo della plastica in Europa permetterebbe di ridurre le fonti primarie del 60 per cento. Una bella quota, se pensiamo che nel mondo il 20 per cento del petrolio consumato serve proprio a produrre materiali plastici e che, a causa della pandemia di Covid-19, l’uso di plastica vergine negli ultimi due anni è aumentato per realizzare materiale sanitario.

Per questo, in una recente risoluzione, l’Unione europea ha sottolineato come la transizione a un’economia circolare sia necessaria per raggiungere la neutralità climatica – e quindi azzerare le emissioni nette di CO2 – e gli obiettivi del Green deal entro il 2050. Il parlamento Ue ha così chiesto alla Commissione europea di stabilire, entro il 2030, dei vincoli all’utilizzo di materie prime vergini e contemporaneamente di incrementare il riciclo. Ad oggi, infatti, solo il 12 per cento dei materiali utilizzati in Europa proviene dall’economia circolare. L’Ue si ripromette inoltre di agire sulla durevolezza dei prodotti, promuovendo la ricerca nel campo del design, ma anche azioni come la riparazione e il riutilizzo degli oggetti.

L’economia circolare in Italia

E in Italia? Gli investimenti previsti dal Pnrr per favorire l’economia circolare in questo difficile momento di ripresa saranno circa 6 miliardi di euro. Il primo obiettivo è quello di creare nuovi posti di lavoro; al momento sono 519mila, pari al 2 per cento degli occupati, ma potrebbero aumentare nei prossimi anni, se si investisse di più. Intanto, rispetto agli altri stati europei, la situazione del nostro paese appare piuttosto buona. La quota di riciclo complessiva è del 68 per cento (mentre la media europea è del 57), e il tasso di uso circolare della materia è del 19,3 per cento, diversi punti percentuali in più rispetto alla media Ue (11,9 per cento).

Il nostro Indice di performance sull’economia circolare 2021, che tiene conto dei risultati raggiunti nell’ambito della produzione, del consumo, della gestione circolare dei rifiuti, ma anche degli investimenti e dell’occupazione nel settore, sarebbe attualmente il migliore del continente, collocandoci subito prima di Francia, Germania, Spagna e Polonia.

Per l’Italia, l’economia circolare è insomma una grande opportunità di crescita, soprattutto per le imprese, che investendo in questo settore possono fare un favore al pianeta, evitando di consumare risorse vergini, e ai consumatori, vendendo oggetti che si rompono meno. Ma possono anche abbattere i costi di produzione e gestione dei rifiuti, migliorando la competitività dei propri prodotti. Tra i tanti “oggetti circolari”, esistono per esempio da tempo capi d’abbigliamento tecnici in Pet ricavato da bottiglie riciclate, utilizzate anche per produrre ombrelli antivento di ultima generazione; complementi d’arredo di design; persino sedili per auto.

Riciclo creativo
Chiunque si può sbizzarrire col riciclo creativo © Jakub Jacobsky/Unsplash

Tempo, un esempio positivo

Tra i diversi marchi che in Italia stanno adottando un modello di produzione che favorisce l’economia circolare c’è anche Tempo, noto brand di fazzoletti di carta del gruppo Essity che utilizza solo materia prima certificata Fsc. Inoltre, per favorire il riciclo della plastica, è passata da imballaggi in polipropilene (Pp) a polietilene (Pe), garantendo una maggiore riciclabilità degli involucri. Usa il 33 per cento di imballaggi riciclati post consumo, che hanno ridotto l’impronta di carbonio del 13 per cento circa nei mercati Ue. Entro il 2025, inoltre, Tempo promette di utilizzare il 100 per cento di plastica riciclata e rinnovabile, in modo da ridurre ulteriormente il proprio impatto.

Cosa puoi fare tu

I provvedimenti presi “dall’alto”, però, servono a poco, se manca il senso civico dei consumatori. Per questo è importante ricordare che, per passare davvero a un’economia circolare, serve anche il tuo prezioso contributo: differenzia correttamente gli imballaggi; acquista prodotti realizzati con materie di riciclo; rivendi oppure dona gli oggetti che non ti servono più, ma che sono in buono stato; pratica il riciclo creativo. Il pianeta ti ringrazierà.

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