
Da secoli, il frutto dell’ume viene coltivato a Minabe e Tanabe in armonia con i boschi cedui e gli insetti impollinatori: un metodo riconosciuto dalla Fao.
Agli eventi organizzati nella capitale finlandese, dal 2022 la carne sarà sostituita da piatti a base vegetale o con pesce pescato in modo sostenibile.
La Finlandia fa un ulteriore passo avanti nei confronti dell’ambiente e della sostenibilità: l’amministrazione della capitale Helsinki ha infatti annunciato che non servirà più piatti a base di carne nel corso di seminari, congressi o altre iniziative pubbliche, in modo da ridurre l’inquinamento e le emissioni di anidride carbonica che derivano dagli allevamenti. Le pietanze verranno sostituite da ricette a base vegetale o con pesce pescato localmente e in modo sostenibile. Rimangono però concesse diverse eccezioni.
L’eliminazione entrerà in vigore a partire da gennaio 2022 in tutti i luoghi e gli eventi pubblici gestiti dall’amministrazione comunale, tranne le scuole e le caffetterie. Sarà inoltre possibile fare eccezioni in caso di visite particolarmente importanti: “Se il re di Svezia dovesse arrivare da noi in visita, potremmo servire la selvaggina locale. Quando si tratta di gruppi per i quali sarebbe naturale servire carne bisogna usare discrezione e buonsenso”, ha commentato il sindaco conservatore Juhana Vartiainen, del partito di Coalizione nazionale, parlando con il giornale finlandese Iltalehti.
Come riportato da Associated Press, l’iniziativa prevede inoltre che il caffè, il tè o la frutta serviti siano coltivati con metodi sostenibili, e vieta l’uso di contenitori o posate usa e getta per il consumo di snack o altre forme di cibi e bevande. L’annuncio delle nuove linee guida comunali è stato al centro di un acceso dibattito in Finlandia e ha incontrato l’opposizione di diversi rappresentati delle aree rurali del paese, dove la caccia è ancora molto diffusa. Dall’altro lato della medaglia, tra il 2018 e il 2020 il consumo di carne tra i finlandesi è diminuito gradualmente, passando da una media di 81,3 chili pro capite a 79,2.
Secondo uno studio del 2020 gli allevamenti intensivi e gli impianti di produzione di cibi derivati da animali sono responsabili per il 14,5 per cento delle emissioni di gas serra a livello globale. Queste procedure consumano infatti enormi quantità di acqua, suolo e altre risorse naturali, tanto che secondo il rapporto Meat atlas 2021 – curato da Friends of the Earth Europe e dalla fondazione tedesca Heinrich-Böll-Stiftung – i cinque principali produttori di alimenti animali o caseari emettono la stessa quantità di gas serra della multinazionale petrolifera Exxon.
Inoltre, secondo la piattaforma Our world in data, gestita dall’Università di Oxford, il ciclo di produzione di un chilo di carne di manzo emette nell’atmosfera quasi 100 chili di anidride carbonica o sostanze ugualmente inquinanti, di cui 16 dovuti all’uso del terreno e 39 all’allevamento, mentre la produzione di un chilo di formaggio richiede l’uso di quasi 6mila litri d’acqua.
Come raccontato da LifeGate in un articolo sul tema, poi, un ulteriore problema sta nel fatto che i governi nazionali o le organizzazioni internazionali non richiedono alle compagnie produttrici di carne di documentare il proprio impatto ambientale, rendendo di fatto impossibile avere accesso a dati certi e lasciando i ricercatori in balia di stime e aggregazioni approssimative.
In questo contesto, la decisione dell’amministrazione di Helsinki segna un passo avanti verso un futuro maggiormente sostenibile, ma non è di certo sufficiente, di per sé, a cambiare le cose.
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