
In Italia lo spreco di cibo è cresciuto, basterebbe però che ognuno di noi lo tagliasse di 50 grammi ogni anno per raggiungere l’obiettivo dell’Agenda 2030.
Gli studenti universitari berlinesi chiedono menù sostenibili contro il cambiamento climatico e l’inquinamento.
Dici Germania e pensi a würstel e schnitzel. E invece no, o almeno, sempre meno. Le nuove generazioni di tedeschi sembrano fare scelte alimentari diverse e lo fanno in nome della lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento. Per esempio, dal prossimo ottobre, le mense e i caffè di quattro università diBerlino proporranno un menù che sarà per il 68 per cento vegano, per il 28 per cento vegetariano e per il 2 per cento a base di pesce, con una sola opzione di carne quattro volte la settimana.
Nel 2010 l’università libera di Berlino ha aperto la prima mensa vegetariana della Germania. In un sondaggio del 2019, il 13,5 per cento della popolazione studentesca di Berlino affermava di seguire una dieta vegana, rispetto all’1,6 per cento di quella dell’intera Germania, mentre il 33 per cento si dichiarava vegetariano.
“Abbiamo sviluppato un nuovo concetto nutrizionale principalmente perché gli studenti ci hanno chiesto più volte un’offerta più rispettosa del clima nelle loro mense”, ha affermato, in relazione al nuovo menù veg, Daniela Kummle di Studierendenwerk, fornitore di servizi per gli studenti di Berlino.
Restando in Germania, anche la casa automobilistica Volkswagen, quest’estate, ha fatto sapere di voler bandire dalle mense del suo quartier generale i piatti di carne (suscitando la reazione dell’ex cancelliere Gerhard Schroeder in difesa del currywurst), così da esaudire le richieste dei dipendenti che chiedevano menù più veg e sostenibili. Sempre, invece, in tema di mense universitarie, dal 2016 l’università di Cambridge ha eliminato la carne di manzo e agnello e il pesce non sostenibile, implementato i piatti plant-based e ridotto gli sprechi. Così facendo ha ottenuto, secondo i calcoli, una riduzione del 33 per cento delle emissioni di CO2 per chilogrammo di cibo acquistato e una riduzione del 28 per cento dell’uso del suolo per chilogrammo di cibo acquistato.
In Italia, nell’ambito del progetto NutriSUSFood, uno studio dei ricercatori del Crea alimenti e nutrizione, in collaborazione con il Diag della Sapienza Università di Roma, ha permesso di rielaborare i menù di 52 mense scolastiche in un piano alimentare di quattro settimane che combina caratteristiche di adeguatezza nutrizionale con quelle di minimizzazione delle emissioni di CO2.
“Riuscire a mettere a punto modelli di pasti sostenibili per la ristorazione collettiva che permettano di abbinare un’alimentazione variata e nutrizionalmente bilanciata ad un minore impatto ambientale – ha affermato Marika Ferrari, ricercatrice Crea, in occasione della pubblicazione dello studio – significa cambiare concretamente i comportamenti delle persone con ricadute positive sulle abitudini alimentari individuali, consentendo un più rapido raggiungimento degli obiettivi del Green Deal”.
Da qualche anno, nel nostro Paese, Foodinsider e Slow Food stilano una classifica delle migliori mense scolastiche allo scopo di promuovere e rendere visibili quei modelli di mensa che oltre a offrire da mangiare, nutrono, educano, creano sviluppo economico e sociale nel rispetto dell’ambiente. Nel rating 2021 la mensa più virtuosa è risultata quella di Fano, seguita da Parma e Cremona a pari merito, terza Jesi. I migliori Comuni si sono distinti per la biodiversità dei piatti, per l’equilibrio della dieta, la capacità di elaborare ricette e la qualità delle materie prime, in gran parte biologiche, ma anche per la varietà di pesce, spesso fresco e locale.
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