
Un libro raccoglie storie ed esperienze dei primi quattro decenni di Fondazione Cesvi. Abbiamo intervistato il suo autore, il Presidente onorario Maurizio Carrara.
Il 2021 è l’anno record di miniere illegali in Brasile. I minatori compiono attacchi mortali contro le comunità indigene e le donne vengono stuprate.
Le miniere illegali minacciano l’esistenza delle comunità indigene in Brasile. In particolare, le miniere dove si estrae l’oro hanno raggiunto un record di espansione rispetto all’anno scorso: +46 per cento, pari a un’estensione di 3.272 ettari.
A essere in pericolo non sono solo le terre abitate dalle comunità autoctone ma anche la sopravvivenza dei suoi abitanti: come ha rivelato il report curato dalla Hutukara Yanomami association (Hay), i minatori hanno sparato sulle comunità indigene e hanno abusato sessualmente di diverse giovani donne.
La riserva Yanomami si estende su 9,7 milioni di ettari nel nord del Brasile e ospita circa 29mila abitanti, compresi gli indigeni Yanomami, gli Ye’kwana e altri sei gruppi di popolazioni incontaminate, che non hanno mai avuto contatti con il resto del mondo.
Le miniere illegali d’oro, in questo territorio, sono gestite dai “garimpo” (così vengono chiamati i minatori) che sono cresciute in seguito all’incremento del prezzo dell’oro: quello del 2021 è un anno record, da quando Hay ha iniziato a tenere traccia dell’espansione delle miniere illegali nel 2018.
Nell’ultimo anno, i minatori si sono dimostrati più equipaggiati rispetto al passato: spesso vanno in giro armati e, utilizzando piste di atterraggio clandestine, hanno organizzato una rete di rifornimenti a veri e propri villaggi con tanto di internet a banda larga, bar, bordelli e negozi. I garimpo hanno l’appoggio delle élite di imprenditori locali e della criminalità organizzata, coinvolti nel contrabbando di oro.
Gli abusi dei garimpo nei confronti delle comunità indigene includono l’avvelenamento dei fiumi con il mercurio utilizzato per separare l’oro dai sedimenti – responsabile dell’aumento di difetti neurologici tra i neonati – e gli abusi sessuali. I più esposti sono gli yanomami, uno dei gruppi più iconici dell’Amazzonia, i quali hanno raccontato una serie straziante di abusi: i minatori offrono loro droga, alcol e cibo in cambio di favori sessuali. Dove questo non basta, si passa alle maniere forti: diverse donne, tra le quali anche ragazze giovanissime, hanno raccontato di essere state stuprate.
I giovani yanomami hanno tentato più volte di bloccare il passaggio dei rifornimenti destinati ai minatori attraverso il fiume Uraricoera, ma ciò non ha fatto altro che provocare scontri armati e rappresaglie da parte dei garimpo che, per esempio, hanno sparato sul villaggio di Palimiu per minacciare la comunità.
Intanto, le immagini satellitari mostrano che i gruppi incontaminati hanno iniziato a spostare le loro case più lontano dalle foreste in cui si scava, per scappare dall’avanzare delle miniere e dei minatori.
Gli stessi minatori sono accusati dal report per aver diffuso il coronavirus e la malaria fra le popolazioni più esposte, abbandonate dal personale medico a causa dei tagli alla sanità brasiliana decisi dal governo guidato dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro.
Il rapporto choc redatto da Hay arriva proprio nel momento in cui Bolsonaro sta tentando, per l’ennesima volta, di ridurre i diritti delle popolazioni indigene: il governo, infatti, punta a legalizzare tutte le attività minerarie nelle terre indigene d’Amazzonia.
Per questo motivo, migliaia di autoctoni rappresentanti di 200 diverse tribù hanno organizzato una massiccia manifestazione nella capitale Brasilia, per protestare ancora una volta contro un disegno di legge devastante. Pochi mesi fa, Bolsonaro – accusato di genocidio e crimini contro l’umanità – ha sostenuto il riconoscimento del marco temporal, ovvero la proposta promossa dal settore dell’agrobusiness secondo cui i popoli indigeni che non possono provare che al 5 ottobre 1988 – giorno in cui fu promulgata la costituzione brasiliana – abitavano fisicamente sulle loro terre, non vi hanno più alcun diritto. Su questo deve pronunciarsi il Supremo tribunal federal ma la sentenza non è ancora arrivata.
Intanto, l’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva ha promesso agli indigeni che fermerà l’estrazione illegale nelle loro riserve qualora diventasse presidente alle prossime elezioni presidenziali previste a ottobre 2022. Il rischio è che sarà troppo tardi per intervenire.
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