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Dalle alghe ai funghi, dagli imballaggi stampati in 3D a nuove tecniche di riciclo della plastica, ecco come e perché il settore del packaging sta diventando più sostenibile.
Tra i 17 obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 dell’Onu, il numero 12 si propone la costruzione di modelli sostenibili di produzione e di consumo. Nel raggiungimento di questo traguardo, il settore degli imballaggi riveste un ruolo chiave. I packaging sono indispensabili, per esempio, nel confezionamento di acqua, cibo e di farmaci e sono fondamentali, dunque, nel contrasto alla fame e nel garantire salute e benessere. Per combattere l’inquinamento e i cambiamenti climatici, però, i packaging del futuro dovranno essere sempre più sostenibili, a basso impatto ambientale dalla produzione al consumo, quindi con caratteristiche come la biodegradabilità o la riciclabilità.
Nell’Unione europea si stima che ogni consumatore produca 180 kg di rifiuti di imballaggi all’anno e che alla produzione di packaging sia destinato il 40 per cento della plastica e il 50 per cento della carta utilizzate nell’Unione. Per diminuire l’inquinamento e lo sfruttamento di materie prime, la Commissione europea ha proposto un pacchetto di norme che ha l’obiettivo di ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite per Stato membro del 15 per cento rispetto al 2018 entro il 2040. Ciò porterebbe a una riduzione complessiva dei rifiuti nell’Ue del 37 per cento. Questo avverrebbe attraverso l’eliminazione di imballaggi inutili, ma anche attraverso il riutilizzo e il riciclo dei packaging.
Aziende e startup sono quindi stimolate nella ricerca di soluzioni innovative per il confezionamento. Tra le proposte più avvincenti sviluppate finora ci sono, ad esempio, gli imballaggi a base di alghe, che sono biodegradabili; ci sono poi quelli idrosolubili, che si dissolvono a contatto con l’acqua; ci sono gli imballaggi stampati in 3D che si sviluppano attorno al prodotto da confezionare utilizzando la quantità di materiale minima necessaria. Ancora, ci sono i packaging a base di cellulosa ricavabile da diversi elementi vegetali o quelli a base di carta di semi che si possono piantare nella terra e quelli che utilizzano come base il micelio dei funghi.
Tra le sfide maggiori c’è quella che riguarda i packaging del settore alimentare che devono garantire al prodotto le caratteristiche di conservabilità come la freschezza e la fragranza, oltre che la sicurezza alimentare per quanto riguarda, per esempio, la contaminazione. In molti casi rimane la plastica il materiale che risponde al meglio a queste esigenze, ma secondo la Strategia europea per la plastica nell’economia circolare questa dovrà puntare ad essere sempre più innovativa e, appunto, circolare. Nella proposta della commissione Ue si chiede una riduzione dello sfruttamento di risorse naturali primarie per produrre plastica ottenibile, per esempio, con una percentuale di plastica riciclata nei nuovi imballaggi di plastica.
In questo senso Pastificio Lucio Garofalo è la prima azienda nel settore pastaio a utilizzare per il packaging dei propri prodotti plastica riciclata ottenuta dal riciclo chimico. Si tratta di un processo diverso da quello meccanico che, rispetto a quest’ultimo, apre possibilità di riciclo inedite per rifiuti fino ad oggi difficile da riciclare: con questa tecnica si riescono a separare i diversi materiali plastici, ottenendo materie prime equivalenti a quelle vergini per produrre nuova plastica. Attualmente il riciclo chimico è un processo costoso, ma una maggiore richiesta del mercato potrebbe favorirne la ricerca e lo sviluppo e renderlo più sostenibile economicamente e anche, sempre più, a livello ambientale.
Sono cinque i formati di pasta Garofalo disponibili in un packaging composto per il 30 per cento di plastica riciclata con processo chimico, ma l’azienda punta in futuro ad ampliare la gamma. Oltre a questa iniziativa, Garofalo è impegnato a compensare le emissioni di CO2 legate alla produzione dei propri packaging attraverso l’adesione a Impatto Zero di LifeGate. Le emissioni vengono compensate con i crediti di carbonio generati dal Rimba Raya biodiversity reserve project, che prevede la conservazione di foreste in crescita in Indonesia con obiettivi di prevenzione, protezione e sviluppo locale.
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