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Il permafrost non è più un terreno perennemente ghiacciato a causa delle temperature artiche da record che hanno messo in crisi anche la banca dei semi del mondo: lo Svalbard global seed vault. Ora, a 10 anni dalla costruzione, bisogna rendere il deposito ancora più inviolabile.
È stato ribattezzato “doomsday seed vault”, la cassaforte dei semi per quando arriverà il giorno del giudizio. Chi l’ha voluta e se ne prende cura, però, non è d’accordo con questa definizione. Il nome ufficiale è Svalbard global seed vault, il deposito sotterraneo globale dei semi di Svalbard creato nel 2008 per custodire la più grande varietà possibile di sementi provenienti da ogni parte della Terra, e preservare la biodiversità agricola.
Il deposito si trova sull’isola di Spitsbergenin, nell’arcipelago artico delle Svalbard, a circa mille chilometri a nord della Norvegia continentale, al quale appartiene politicamente. La struttura è composta da tre sale che possono ospitare fino a 1,5 milioni di campioni ciascuna ed è gestita dal governo di Oslo insieme al Global crop diversity trust, una fondazione che si occupa di aumentare la sicurezza alimentare nel mondo.
Nell’anniversario del decimo anno dalla costruzione, il deposito ha festeggiato l’ingresso del milionesimo seme portando quasi alla capienza massima una delle tre sale. Per la precisione, oggi sono 1.059.646 le varietà custodite a fronte di circa 2,2 milioni di sementi custodite nelle banche di tutto il mondo e che presto potrebbero trovare rifugio qui. Cary Fowler, direttore esecutivo del fondo prima che entrasse in carica Marie Haga, aveva dichiarato in un’intervista all’Atlantic del febbraio 2012, in occasione del quarto anniversario dall’apertura, che il deposito sarebbe stato usato “con molta probabilità prima del previsto”.
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E così è stato. Il 23 settembre 2015 il Global crop diversity trust ha reso noto sul suo sito che l’International center for agricultural reserach in dry areas (Icarda), una banca delle sementi che aveva sede nella città siriana di Aleppo, ha fatto la prima richiesta di prelievo di 90mila semi depositati in precedenza alle Svalbard, per cercare di ripartire dopo il trasferimento obbligato a Beirut, in Libano, lontano dagli orrori della guerra civile siriana in corso dal 2011. Una guerra fratricida che in sette anni ha causato oltre 340mila morti e costretto decine di milioni di persone ad abbandonare le loro case.
Icarda ha chiesto la restituzione di 130 dei 325 campioni depositati che contenevano un totale di 116mila semi. Tra questi alcune specie di grano e orzo che crescono anche in zone aride. “Proteggere la biodiversità globale in questo modo è precisamente lo scopo dello Svalbard global seed vault”, ha dichiarato Brian Lainoff, portavoce del Crop trust.
La necessità di dar vita a un luogo simile è dovuta a diversi problemi che stanno minacciando la biodiversità agricola del Pianeta in un momento in cui c’è bisogno di incrementare la resa dei raccolti a fronte di una superficie limitata destinata alle coltivazioni. Si stima infatti che dalle oltre 7,5 miliardi di persone che vivono oggi sulla Terra, si arriverà a nove miliardi nel 2050.
Le minacce principali alla biodiversità agricola sono la scarsità idrica, la perdita di habitat e il riscaldamento globale che causa i cambiamenti climatici, come lo scioglimento dei ghiacci. E l’unica mossa per contrastare tutto ciò è proprio salvaguardare questa ricchezza.
I semi si trovano incasellati in depositi di roccia a 120 metri di profondità e vengono conservati in un ambiente secco, a una temperatura media di -18 gradi. L’area geografica è remota ed è ritenuta stabile dal punto di vista geologico. Il permafrost (permagelo), il terreno perennemente ghiacciato tipico delle regioni polari, funge da refrigerante naturale aiutando il deposito a mantenere una temperatura rigida e costante, indispensabile per salvaguardare le sementi.
Ma è proprio il permafrost che ha messo in difficoltà il deposito dei semi e chi lo gestisce perché – nonostante sia stato progettato per resistere al verificarsi di disastri naturali o causati dall’uomo per un millennio, dalla caduta di asteroidi a una guerra nucleare – il Global seed vault ha subìto un’infiltrazione di acqua causata dal suo scioglimento per via delle temperature straordinarie che, seppur previste dai ricercatori che studiano il riscaldamento globale, non avrebbero dovuto causare lo scioglimento di quello che, per definizione, è un terreno perennemente ghiacciato.
“Una grande quantità di acqua è entrata nella parte iniziale del tunnel salvo poi ghiacciare”, ha dichiarato Hege Njaa Aschim del governo norvegese che è proprietario del deposito. Del resto, straordinarie sono state anche le temperature registrare al polo Nord durante l’inverno in corso.
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Nella regione artica le temperature sono arrivate a toccare i 6 gradi centigradi, 35 gradi in più rispetto alla media stagionale. Un record inquietante raggiunto nel nord della Groenlandia. Il climatologo Robert Graham ha sottolineato all’agenzia di stampa Afp che “soltanto in quattro occasioni tra il 1980 e il 2010 sono state registrate temperature positive in inverno al polo Nord. E ciò è accaduto in quattro degli ultimi cinque anni. Si tratta di una stagione eccezionale per l’area – ha concluso Kapikian – dopo quella del 2016, già particolarmente mite”.
L’Artico rappresenta un anello cruciale per l’equilibrio del sistema climatico globale. Nel permafrost, infatti, sono stoccate quantità enormi di gas ad effetto serra, come il metano, e ora, con l’aumento della temperatura, rischiano di essere rilasciate nell’atmosfera amplificando – come in un circolo vizioso – il fenomeno del riscaldamento globale.
L’episodio dell’infiltrazione, che per fortuna non ha causato danni, ha però portato i gestori del Global seed vault a studiare una forma di protezione preventiva. Così è stato approvato un piano da 100 milioni di corone norvegesi (circa 10,5 milioni di euro) per dar vita a un nuovo tunnel di accesso in cemento e di un edificio di servizio che dovrà ospitare un quadro elettrico autonomo in grado di refrigerare le stanze da attivare in caso di emergenza, insieme a un equipaggiamento elettrico per far uscire il calore in eccesso attraverso il tunnel d’ingresso.
Qualcosa di sorprendente, comunque, è già stato fatto. In dieci anni di vita, nessun seme è andato perso nel trasferimento del milione di sementi custoditi in quella che è stata definita “l’arca di Noè delle specie vegetali“. Un’arca pronta a salpare nel caso in cui il diluvio universale dei cambiamenti climatici dovesse verificarsi. E questo non può che essere definito un miracolo.
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