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Le foreste stanno scomparendo a un ritmo preoccupante, la nostra esistenza è legata a doppio filo alla loro. Ecco come salvarle.
Un’area di foresta grande come la Polonia scompare ogni anno, nel mondo. Dipende anche da noi. Nel 2016 7.989 chilometri quadrati (quasi 800mila ettari, una superficie grande quasi quanto l’Umbria) di terreni sono stati deforestati in Brasile, con un incremento del 29 per cento rispetto al 2015 quando erano stati 6.207 chilometri quadrati. Stessa sorte negativa ha subìto la Bolivia che nel 2016 ha visto sparire 3.508 chilometri quadrati di foresta (più di una Valle d’Aosta) rispetto a una media negli anni Duemila di 2.700 chilometri quadrati andati letteralmente in fumo. Ovviamente la soia non è la sola responsabile di questo disastro, ma le industrie legate al cibo controllano buona parte del destino delle foreste sudamericane. Ecco 10 scelte quotidiane, 10 cose da fare per salvare le foreste.
Spesso sono in vendita tavolini, sedie a sdraio, mobili da giardino in tek o in legni esotici, scuri e resistenti. Magari da paesi asiatici… Ebbene, l’80 per cento del legno dell’Indonesia è, secondo uno studio della Banca Mondiale, di provenienza illegale. In Brasile idem, secondo il governo. In Africa la situazione non è migliore. L’unica garanzia è questo simbolo sull’etichetta: Fsc o Pefc, standard di gestione responsabile delle foreste. Se non c’è, è molto, molto probabile che proprio quel legno venga da foreste vergini, intatte, che vengono devastate.
Paradossalmente, è proprio il legno grezzo il materiale più ecologico ed efficiente per costruire. Per la sua produzione, non c’è inquinamento, e sono neutre le emissioni di CO2 (quella assorbita, fissata, dalla pianta in vita, è uguale a quella emessa a fine vita). Ma quale scegliere? Il rovere, il larice, il pino, l’abete, il faggio. Rigorosamente locale, da coltivazioni controllate ed ecosostenibili, a gestione responsabile.
Le foreste di mangrovie, habitat e luogo di deposizione delle uova per pesci e crostacei, frenano l’erosione delle onde e sono importanti sia per l’ecosistema marino sia per le economie locali. Orlano quasi un quarto delle coste tropicali; solo la metà dell’estensione originaria. Retrocedono costantemente a causa dello sfruttamento del legname, dell’inquinamento e, in misura sempre maggiore… dell’allevamento di gamberetti, soprattutto in Asia, che rifornisce l’80 per cento della produzione mondiale. Limitiamo il consumo di gamberetti di allevamento. Le conseguenze di questi allevamenti sugli ecosistemi sono tali che, in certe zone, per ogni kg di gamberetti scompaiono 500 grammi di pesci e
altri crostacei.
Stanno disboscando l’Amazzonia per far posto ai campi agricoli… ma non per l’uomo. Bensì per coltivare fieno, cereali e piante di soia destinate a maiali e bovini, per esportare sempre più hamburger e scatolette, qui, nei paesi occidentali. L’industria della carne è tra i primi responsabili a livello globale della deforestazione. Ridurne il consumo vuol smettere di sovvenzionarla, spronare una più equa distribuzione delle risorse. E guadagnarci in salute.
A livello internazionale e in Italia vi sono diverse campagne di sensibilizzazione per l’ambiente e la difesa della natura. Aderiamo personalmente, con un contributo ai progetti (seri) di sostegno e difesa di aree verdi. Un dono originale? Regalarne l’adesione a una persona cara.
All’inizio c’erano solo i “safari fotografici”. Oggi, il turismo sostenibile è la nuova frontiera. Viaggi pieni e solidali, nel rispetto del luogo e più a contatto con le popolazioni locali. Le quali cominciano a capire, così, quanto è importante preservare intatti il loro territorio la loro cultura! Alcuni tour operator, piccoli e grandi, stanno attrezzandosi per offrire mete sempre più intriganti e viaggi sempre più autentici.
Non sembra vero, ma esistono ancora foreste vergini in Europa. In Scandinavia. Ebbene, anche queste foreste sono minacciate dall’industria nordica della carta, che, proprio in questi mesi, sta conducendo un braccio di ferro contro le popolazioni indigene dei Sami! È necessario che la carta che scegliamo non provenga da foreste: il marchio da ricercare è “carta riciclata ecologica” oppure almeno Fsc o Pefc. Ah, secondo stime Wwf solo per la carta igienica finiscono nel water in Europa oltre 270mila alberi all’anno.
Disboscano le foreste per piantare soia transgenica destinata non solo ad animali, ma anche all’industria alimentare (con l’olio di soia e di colza ogm si ottengono grassi a basso costo). E non solo. In alcuni campi sperimentali stanno coltivando anche alberi ogm: colture invasive per piantumazioni che potrebbero riverlarsi inadatte agli ecosistemi locali, portando a lungo termine a impoverimento dei suoli e a desertificazione.
Preferisci i prodotti con imballaggi razionali, light o ecologici; allontanati dalla filosofia dell'”usa e getta”. In generale, appoggia le aziende che si distinguono per comportamenti sostenibili e che offrono prodotti con buone performance ecologiche.
La metà della superficie terrestre era ricoperta una volta da una fitta foresta. Ora, no. Abbimao perso i tre quarti delle foreste originarie. Ma possiamo, perché no, ripartire. Piantando un albero, anche solo un semino, ognuno partecipa alla lotta contro l’erosione del suolo, la siccità, l’inquinamento atmosferico, l’effetto serra causato dalle emissioni di CO2. Un albero in crescita assorbe CO2, rinsalda il terreno e rafforza la sua umidità e la fertilità, dà rifugio agli uccelli, abbellisce il paesaggio. Jean Giono ha scritto una fiaba, su questo piccolo gesto che fa rifiorire un’intera regione: L’uomo che piantava gli alberi.
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