
Le distese di sargasso nelle acque dell’Atlantico hanno raggiunto livelli record. Ma c’è anche chi si rimbocca le maniche per cercare soluzioni.
di Daniela Sciarra, responsabile filiere e politiche agroalimentari di Legambiente Al via la collaborazione tra Conapi (Consorzio nazionale apicoltori) e Legambiente con l’obiettivo principale di sensibilizzare sull’importanza delle api come bioindicatori dell’inquinamento ambientale e sui principi dell’agricoltura biologica. A sancire l’impegno reciproco l’avvio del progetto Api e orti, nato con la collaborazione dell’Università di Agraria
Al via la collaborazione tra Conapi (Consorzio nazionale apicoltori) e Legambiente con l’obiettivo principale di sensibilizzare sull’importanza delle api come bioindicatori dell’inquinamento ambientale e sui principi dell’agricoltura biologica. A sancire l’impegno reciproco l’avvio del progetto Api e orti, nato con la collaborazione dell’Università di Agraria di Bologna e attivo in tre città pilota: a Milano e a Potenza negli orti urbani e sociali di Legambiente e a Bologna presso l’area Caab-Fico.
Riqualificazione territoriale, coinvolgimento dei cittadini (giovani e meno giovani), bellezza, recupero dei beni naturali e artistici, stop al consumo di suolo, socializzazione, risposta a emergenze climatiche ed economiche: sono le parole chiave dei progetti sugli orti urbani avviati da Legambiente negli ultimi anni. Per dare concretezza agli obiettivi della collaborazione, il progetto pilota Api e orti prevede il monitoraggio delle api negli orti di Legambiente da parte dei volontari dell’associazione.
Le famiglie di api collocate in questi luoghi saranno controllate e analizzate dalla primavera all’autunno inoltrato, per valutarne la salute in ambiente urbano, attraverso analisi di laboratorio in grado di individuare anche sostanze tossiche introdotte nell’ambiente. Accanto all’attività di monitoraggio, continueranno tutte le attività di sensibilizzazione ed educative che ormai da tempo caratterizzato gli spazi negli orti urbani gestiti da Legambiente insieme ad altre associazioni.
Se le api scomparissero dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita. La frase attribuita ad Albert Einstein è un avvertimento da non sottovalutare. L’apicoltura è un settore importante dell’agricoltura, eppure negli ultimi anni di api e di apicoltura si parla molto e purtroppo in relazione ai fenomeni distruttivi che hanno colpito questo insetto. Senza il lavoro delle api, le coltivazioni agrarie non avrebbero modo di diffondersi e la nostra stessa sopravvivenza sarebbe in pericolo, visto che buona parte del cibo che consumiamo dipende, direttamente o indirettamente, dall’opera di impollinazione. Le api sono straordinarie ed efficacissime impollinatrici e si è calcolato che circa il 70 per cento delle piante commestibili abitualmente consumate dall’uomo dipendano dall’azione impollinatrice degli insetti pronubi tra i quali l’ape è in assoluto il più efficiente.
Ma sono anche meravigliose alleate dell’uomo, ecco perché di loro si parla. Attraverso il loro stato di salute possiamo misurare il grado di salubrità delle territorio in cui vivono e in cui viviamo: pochi sanno che nella Terra dei fuochi vengono utilizzati sciami di api per valutare la presenza di veleni nell’ambiente. Il loro raccolto di polline, molto più del miele, è in grado di raccontarci quanti veleni l’uomo ha distribuito, ecco perché le api possono essere straordinarie alleate in grado di segnalarci il livello d’inquinamento ambientale inducendoci a fare scelte, non più rinviabili, per difendere l’ambiente, la nostra stessa vita e il futuro del pianeta, dall’aggressione incontrollata della chimica.
L’apicoltura è intimamente legata alla tutela dell’ambiente e della salute ed è un indicatore dei mutamenti climatici e della diffusione di pratiche agricole basate sul rispetto dei principi agroecologici. A partire dai primi anni duemila sono stati introdotti pesticidi di nuova generazione, tra i quali i neonicotinoidi. Nel 2008, in Italia si è verificata la prima massiccia moria di api, con la scomparsa in diversi areali del nord e centro Italia di oltre la metà del patrimonio apistico. Interi apiari si sono improvvisamente svuotati, centinaia di migliaia di api sono state sterminate, proprio a partire dall’inizio della stagione del raccolto. La comunità degli apicoltori è immediatamente corsa ai ripari, attivando tutti gli strumenti di conoscenza e studio, e in breve tempo si è giunti alla conclusione che proprio la concia dei semi di mais con neonicotinoidi aveva determinato la strage.
L’evidenza della relazione tra uso di neonicotinoidi e moria delle api ha indotto il governo a limitarne l’uso. Di sospensiva in sospensiva sono stati raggiunti alcuni obiettivi in merito alle possibili restrizioni nell’uso di queste sostanze, come l’emendamento approvato dalla Francia che vieta l’utilizzo di tutti i pesticidi appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi a partire dal 1 settembre 2018, ritenuti responsabili della moria di api, ma in Italia e in Europa manca ancora uno stop definitivo. Per questo bisognerà aspettare la fine dell’anno, quando la Commissione europea, insieme agli stati membri e lo Standing commitee on plants, animals, food and feed (Paff committee) decideranno sulla sospensione definitiva dei neonicotinoidi (clothianidin, impidacloprid e thiamethoxam). Una scadenza da seguire attentamente, chiedendo fin da subito un ruolo attivo da parte dell’Italia in Europa.
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