La Cina continua a investire sul carbone, sconfessando le promesse sul clima

Nei primi tre mesi del 2023 la Cina ha già approvato più progetti di energia a carbone rispetto all’intero 2021. La denuncia di Greenpeace.

La Cina non ha intenzione di lasciarsi alle spalle la propria dipendenza dal carbone. Stando a quanto fatto nei primi mesi di quest’anno, sembrerebbe addirittura intenzionata ad aumentarla. Secondo un recente rapporto pubblicato da Greenpeace, nei primi mesi del 2023 Pechino ha aperto la strada ad una nuova stagione di investimenti per la produzione di energia derivante dal carbone, investendo in nuove centrali più di quanto fatto durante tutto il 2021. Una tendenza che certifica il ruolo ancora saldo dei combustibili fossili nella strategia energetica di Pechino e allontana una volta di più la Cina dagli impegni di riduzione delle emissioni di anidride carbonica.

Il “revival” del carbone in Cina non accenna ad arrestarsi

Solo due mesi fa uno studio diffuso dal Global Energy Monitor aveva documentato un piano di maxi-investimenti varato dal governo cinese per espandere le proprie centrali elettriche a carbone, il più importante dal 2015. Alla base della decisione ci sarebbe la “fame energetica” che ha interessato una parte consistente del sistema produttivo cinese già dallo scorso anno. Nel corso del primo semestre del 2022 Pechino aveva supportato attivamente le centrali a carbone, erogando permessi per incrementare di 15 gigawatt la loro capacità rispetto all’anno precedente.

Nella seconda parte del 2022 molte fabbriche cinesi avevano dovuto razionare l’energia, a causa di un calo nell’offerta e degli effetti delle condizioni meteo estreme. Quel contesto aveva portato la China energy engineering, il più grande conglomerato di aziende energetiche del Paese, a ritoccare al rialzo le stime sulla capacità termica cinese, promettendo un aumento 270 gigawatt entro il 2025.

Una traiettoria in netto contrasto con gli impegni climatici di Pechino

Questo è lo scenario che ha favorito l’aumento delle autorizzazioni per la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone sul territorio cinese: “I governi locali delle province cinesi, affamate di energia, hanno approvato almeno 20,45 gigawatt di energia a carbone nei primi tre mesi del 2023”, ha dichiarato Greenpeace. Un aumento di più del doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e più dei 18,55 gigawatt prodotti nell’arco di tutto il 2021. Buona parte dei progetti approvati nei primi mesi dell’anno riguardano le province che hanno sofferto la carenza di energia a causa delle ondate di caldo dei mesi passati. Altri si trovano nel sud-ovest della Cina, dove la siccità record dello scorso anno ha ridotto la produzione di energia idroelettrica e costretto le fabbriche a chiudere.

Sebbene non siano ancora chiare le tempistiche sulla costruzione delle centrali approvate, restano forti preoccupazioni sulle possibilità effettive che la Cina possa tenere fede agli obiettivi di riduzione delle emissioni, sulla cui fattibilità sono già state espresse diverse perplessità da parte di molti osservatori internazionali. Nel 2020 la Cina aveva sorpreso la comunità internazionale annunciando di voler raggiungere il picco delle emissioni nel 2030, per poi diminuirle fino a raggiungere la carbon neutrality nel 2060. L’obiettivo è apparso sin da subito molto ambizioso per un Paese che, da solo, è responsabile del 30 per cento delle emissioni annue globali. In quest’ottica i nuovi investimenti nel carbone sembrano allontanare ulteriormente il traguardo, aggiungendo nuovi gradi di separazione con i piani di sviluppo del Unione europea.

La Cina è anche il produttore di energia rinnovabile più grande e in rapida crescita al mondo. Stando a quanto dichiarato dall’ente nazionale che amministra il settore energetico, l’insieme di eolico, solare ed idroelettrico, uniti all’energia nucleare, sarà in grado di soddisfare circa un terzo della domanda interna di elettricità entro il 2025, rispetto al 28,8% del 2020. Ciononostante gli attivisti di Greenpeace hanno sollevato qualche perplessità sul ruolo giocato dalle rinnovabili nel mix energetico futuro di Pechino e del suo governo. Colpevole, secondo loro, di affidare comunque al carbone un ruolo preponderante del settore nel suo complesso.

La denuncia di Greenpeace

“Il boom del carbone registrato nel 2022 è chiaramente proseguito anche quest’anno”, ha dichiarato Xie Wenwen, attivista di Greenpeace. Per la ong, “continuare a coprire di carbone le inefficienze del sistema energetico cinese è un vicolo cieco. Rischia di provocare catastrofi climatiche e oneri finanziari”.

Gli analisti della ong hanno avvertito che investire in più impianti a combustibili fossili creerà un circolo vizioso: l’aumento delle emissioni di gas serra prodotte dalle centrali a carbone accelererà i cambiamenti climatici, provocando un aumento della frequenza di fenomeni meteorologici estremi come le ondate di caldo e portando a una crescita della domanda di energia.

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