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Cottura della pasta, come ridurne l’impatto sull’ambiente
La presenza frequente della pasta in tavola, secondo le indicazioni della dieta mediterranea, è salutare anche per l’ambiente. Ma le modalità di cottura corrette possono ridurne ulteriormente l’impronta.
È ormai assodato che una dieta che limita il consumo di carne ha un impatto ambientale inferiore rispetto a una più ‘carnivora’. Una presenza prevalente di cereali, legumi, frutta e verdura nella dieta quotidiana è quindi fondamentale sia per la salute sia per l’ambiente. E si coniuga bene sia con i dettami della dieta mediterranea sia con le abitudini culinarie del nostro Paese, che vedono una presenza frequente della pasta in tavola. Ma qual è l’impatto ambientale della pasta? E ciascuno di noi ha modo di ridurlo attraverso una cottura e un consumo corretti?
Secondo l’indice di sostenibilità elaborato da LifeGate grazie al know how di Impatto Zero®, una porzione da 100 grammi di pasta genera 254 g di CO2. Un ‘costo’ per il Pianeta molto limitato, rispetto ai 2.617 g necessari per un hamburger (100 g di carne bovina).
Se poi si misura l’intensità delle emissioni di carbonio, ovvero la produzione di CO2 equivalente prodotta per ogni kg di proteina fornito dall’alimento, uno studio di McKinsey su agricoltura e cambiamenti climatici del 2020 ha calcolato che per coltivare il grano si producono 0,2 kg di CO2 per ogni kg di proteina, contro i 46,2 kg della carne di manzo.
La cottura vale il 38 per cento dell’impronta carbonica
Chi consuma un piatto di pasta con un sugo a base di pomodoro, dunque, ha la tranquillità di preparare un piatto con un alto livello di sostenibilità. Ma come può intervenire direttamente per limitare l’impatto ambientale della fase di preparazione? La fase della cottura rappresenta infatti il 38 per cento circa dell’impronta carbonica complessiva dell’intera filiera.
I consigli sono molto semplici e riferibili anche alla cottura di altri alimenti. Innanzi tutto, è importante utilizzare solo l’acqua necessaria così da evitare sprechi. La prassi più diffusa prevede 1 litro d’acqua ogni 100 grammi di pasta, ma per la pasta corta ne basta un 30 per cento in meno. Per scaldare 0,8 litri d’acqua invece che un litro, si evitano 10 grammi di gas serra, ovvero un 5 per cento in meno. Una buona norma da tener presente e che non penalizzerà più di tanto la resa finale.
In molti lo dimenticano, ma un’abitudine virtuosa è quella di usare sempre il coperchio sulla pentola, perché fa bollire l’acqua in meno tempo e permette così di consumare meno gas. Un altro buon consiglio è quello di non usare mai pentole con un diametro più stretto di quello del bruciatore.
Meglio i fornelli classici o la piastra a induzione?
In tema di bruciatori, un dilemma tuttora aperto riguarda la scelta del fornello a gas o del piano cottura a induzione. I nuovi modelli a gas, infatti, sono concepiti per generare fiamme di forma ancora più calibrata ed efficiente, consentendo risparmi notevoli, a parità di potere calorifico.
Con i più moderni piani cottura a induzione magnetica l’efficienza è molto superiore (fino al 90 per cento), ma aumentano notevolmente anche i consumi di picco. Per poter allacciare questo tipo di piano cottura alla rete elettrica di casa è infatti necessaria molta potenza. Non si possono dare quindi consigli generali, ma si tratta di una scelta che va valutata caso per caso.
Un’abitudine da acquisire è quella di non mettere mai il sale prima che l’acqua inizi a bollire. L’aggiunta del sale, infatti, innalza la temperatura di ebollizione dell’acqua, con dispendio inutile di tempo e soldi.
Sfatare un luogo comune aiuterà a non esagerare nei tempi di cottura: non è vero che la pasta più è cotta e più è digeribile. Scolatela dunque al dente, risparmiandovi tempo ed energia.
Potete poi utilizzare l’acqua di cottura per “allungare” altre preparazioni in lavorazione in cucina o anche per fare un brodo, preparare un impasto, cuocere a vapore le verdure, così da evitare di sprecare nuove risorse idriche.
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