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È il giorno dello sciopero globale di Fridays for future. Oltre 50 città italiane si uniscono ai cortei del mondo nella lotta alla crisi climatica.
I Fridays for future sono tornati a invocare giustizia climatica e sociale. Oggi, venerdì 3 marzo, gli attivisti di tutto il mondo sono scesi in piazza per manifestare contro la crisi climatica e l’immobilismo della classe politica. Anche in Italia, lo sciopero globale per il clima coinvolge tante città, tutte unite sotto un unico slogan: “La nostra rabbia è energia rinnovabile”.
Nel nostro paese lo sciopero ha coinvolto 54 città tra cui Milano, che nelle precedenti edizioni ha attratto il maggior numero di partecipanti. Qui il corteo è partito alle 9:30 da largo Cairoli, a due passi dal Duomo. Tra i 1.000 e i 2.000 manifestanti sono partiti dal Castello Sforzesco in direzione del Pirellone, il Palazzo di Regione Lombardia. Durante la mattina, una lunga serpentina composta per la maggior parte da giovani ha attraversato il centro della città, sfilando con cartelloni e chiedendo a gran voce di agire subito per invertire la rotta. Anche questa volta sono tante le rivendicazioni che gli attivisti hanno alle istituzioni e al governo, così come ai colossi del fossile.
È ormai palese quanto il tema della crisi climatica sia connesso con tanti altri temi che riguardano la nostra società. Tra questi c’è soprattutto la crisi energetica innescata dallo scoppio della guerra in Ucraina e alimentata dalla speculazione, che ha permesso ai colossi petroliferi di fare profitti record: “Siamo qui per dire che Eni e altre aziende che la crisi climatica l’hanno causata devono stare fuori dai palcoscenci della cultura e dell’istruzione. Il 96 per cento dei profitti di Eni proviene ancora dai combustibili fossili e questo per noi è inaccettabile”, ha detto a LifeGate Ester Barel, da poco nuova portavoce di Fridays for future Italia.
Fridays for future si è sempre definito un movimento apartitico ma non apolitico, determinato a dare voce a una pluralità di cause e disposto a dialogare con qualunque formazione politica, a patto che questa si renda disponibile a una collaborazione effettiva e orientata a predisporre misure concrete: “Per questo motivo chiediamo al governo lo stop dei sussidi ambientalmente dannosi – i fondi destinati a sovvenzionare le grandi aziende del fossile . Questi 20 miliardi devono essere spostati da chi inquina a chi subisce gli effetti devastanti dell’industria fossile,” continua Barel.
Gli slogan di questa giornata sono un condensato di quanto contenuto nell’agenda climatica stilata dal movimento prima delle elezioni di settembre, in cui troviamo tematiche come il contributo allo sviluppo dell’energia rinnovabile, la crescita delle comunità energetiche e la spinta decisa verso la mobilità sostenibile. Quest’ultima si allaccia al tema della cura del ferro, fondamentale per dare una alla mobilità una svolta compatibile con l’ambiente e necessaria per rimettere in sesto i 1.400 chilometri di tratte ferroviarie attualmente sospese e fondamentale per ridurre il divario tra Nord e Sud.
“Oggi parliamo anche di trasporto pubblico gratuito e accessibile a tutti, da cui non possiamo prescindere per la qualità di vita degli abitanti di tutta italia e non solo, ” ci dice Barel, che aggiunge. “E poi siamo qui per chiedere più rinnovabili, perché nonostante siano anni che le soluzioni ci sono continuamo a investire nel fossile. Oggi vogliamo rinnovabili e Comunitè energetiche solidali e sappiamo che il gas non ha nulla di sostenbile nonostante venga considerato parte della transizione. Questo governo sta andando nella direzione sbagliata. Diciamo no a trivelle e rigassificatori che alzano le bollette e contribuiscono alla crisi climatica e diciamo invece sì alle rinnovabili, ancora troppo bloccate in Italia da vincoli paesaggistici,” conclude.
Nel tempo, la protesta ambientalista di Fridays for future ha saputo saldarsi alle istanze sociali, come successo con il sostegno mostrato ai lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio a Firenze. L’attenzione per i diritti dei lavoratori, la denuncia dello sfruttamento e della discriminazione razziale e di genere hanno contraddistinto le ultime edizioni dello sciopero. Da qui la manifestazione si è tradotta anche come azione eco-transfemminista, intenta a mostrare l’esistenza di un terreno comune tra ambientalismo e femminismo, e quanto le nostre società siano “invivibili anche dal punto di vista della parità di genere”. Quest’anno, la vicinanza con l’8 marzo unirà la piazza della protesta climatica a quella contro la violenza sulle donne.
Dall’ultimo sciopero globale, il mondo è stato segnato da eventi meteorologici estremi a ogni latitudine. Tra queste ricordiamo le devastanti inondazioni in Pakistan di quest’estate hanno sommerso un terzo del paese e generato milioni di sfollati, o gli incendi hanno messo in ginocchio le foreste della Bolivia, del Cile e vanificato anni di contrasto alle emissioni in California. L’urgano Ian che ha colpito Cuba e gli Stati Uniti tra settembre e ottobre a causato oltre 100 miliardi di dollari di danni, mentre la siccità senza precedenti in Europa e non solo ha messo in ginocchio i sistemi di approvvigionamento idrico di tante nazioni e causato danni senza precedenti al settore agricolo.
L’Italia ha ancora fissa nella memoria l’immagine del seracco di ghiaccio che si stacca dalla Marmolada dopo settimane di caldo incessante, o ancora quelle dell’alluvione nelle Marche che ha sommerso Senigallia e altri centri. Fino ad oggi, con un nuovo allarme siccità e l’ipotesi di razionamenti dell’acqua diventati d’urgenza l’obbiettivo di una cabina di regia annunciata dal governo guidato da Giorgia Meloni.
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