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Il gatto delle nevi del futuro sarà ibrido e silenzioso. Una pillola di sostenibilità in un contesto, quello dello sci in pista, che resta lontano dal pieno rispetto ambientale.
L’industria del turismo invernale non può essere definita un esempio di sostenibilità. Specie durante stagioni avare di precipitazioni, come l’attuale per le montagne del Nord-Est, l’innevamento artificiale assume un ruolo determinante, portando a un inevitabile consumo, e in certi casi abuso, delle risorse ambientali. Dallo smodato utilizzo d’energia elettrica e acqua alla necessità di creare infrastrutture non sempre ecocompatibili – si pensi, in proposito, al proliferare dei laghi artificiali e alla posa di tubazioni sino ad alta quota per l’alimentazione dei cannoni da neve – la montagna è sempre più spesso trasformata in una sorta di “divertimentificio”. In un simile contesto, l’ibridazione dei gatti delle nevi rappresenta un primo tentativo di ridurre l’impatto ambientale del “circo bianco”.
Modelli di turismo superati, basati su di un’offerta articolata attorno alla sola attività sciistica, hanno accentuato la fragilità del sistema montagna. Non avendo potenziato per tempo le alternative a piste e impianti di risalita, gran parte delle località di villeggiatura si trovano “costrette” ad avere la neve. E se la natura non collabora, provvede l’uomo con lance e cannoni, creando una spessa coltre artificiale. Un manto che ogni notte decine di battipista lavorano, fresano, stendono creando superfici lisce come biliardi, sulle quali chiunque possa sciare agevolmente. Mezzi spesso mossi da motori ciclopici alimentati a gasolio, quindi con un impatto ambientale tutt’altro che trascurabile. A maggior ragione considerando che chiamati a operare ad alta quota, dove l’ecosistema è più fragile e risente di ogni intervento esterno. Un contesto nel quale la tecnologia ibrida consente di contenere consumi ed emissioni.
La tedesca PistenBully ha presentato nel 2014 il modello 600 E+, primo battipista ibrido al mondo. Un gatto delle nevi caratterizzato dall’interazione tra un comune motore Diesel a 6 cilindri di 12,8 litri e 400 CV di fabbricazione Mercedes e due propulsori elettrici, così da contenere del 20 per cento le emissioni di anidride carbonica e gli ossidi d’azoto. Una soluzione che, a un’erogazione di coppia particolarmente corposa ai bassi regimi, tipica della propulsione a batteria, abbina una riduzione del 99 per cento della produzione di particolato e un abbattimento della rumorosità. Quest’ultimo aspetto tutt’altro che secondario, dato che contribuisce a un minore disturbo della fauna. I consumi passano da una media di circa 20 litri di gasolio all’ora a 16 litri, complice il recupero dell’energia in discesa, così da disporre di una costante riserva di spinta “pulita”. L’ibrido, fenomeno in costante crescita nel mondo auto, dimostra la propria validità anche sulle piste da sci.
Oltre alla tedesca Pistenbully, l’italiana Prinoth ha presentato un battipista ibrido, dedicato allo sci nordico. La macchina risponde al nome di Husky E-Motion e porta in dote anch’essa una riduzione dei consumi, e conseguentemente delle emissioni inquinanti, nell’ordine del 20 per cento rispetto allo standard, potendo al contempo contare su di un rendimento superiore del 30 per cento. Ancora una volta la tecnologia ibrida si dimostra efficace e vincente, tanto su strada quanto… lontano dall’asfalto! In attesa che l’industria del turismo invernale diversifichi la propria offerta potenziando le proposte alternative e complementari allo sci alpino. Ad esempio il trekking, la mountain bike, le escursioni con le ciaspole, lo sci alpinismo, le cure termali e l’enogastronomia. Tutte attività a ridotto impatto ambientale.
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