
La Cop26 è stata un appuntamento vitale per l’Africa che contribuisce in misura minima ai cambiamenti climatici, ma ne sopporta le conseguenze peggiori.
Laurence Tubiana della European climate foundation pensa che Europa e Cina possano rafforzare il processo dei negoziati per il clima, in corso alla Cop 25 di Madrid. La nostra intervista esclusiva.
Laurence Tubiana della European climate foundation, la fondazione europea per il clima, è nota per essere stata l’architetta dell’Accordo di Parigi e oggi rimane una delle persone meglio informate sui negoziati per il clima e sugli affari europei legati al Green new deal. L’abbiamo incontrata, unico giornale italiano, alla Cop 25 di Madrid per fare il punto della situazione.
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Madame Tubiana, come procedono i colloqui qui a Madrid?
Sono negoziati con poca energia, che si trascinano. Non è un problema rimandare alcune questioni al prossimo anno. Però la sensazione è che i negoziatori non si preoccupino della pressione che viene dall’esterno, dai movimenti, dalla scienza. Tutto va a rilento. So che non è un lavoro facile. Ma spero che ci sia uno slancio finale.
#GreenNewDeal : #climate & #socialjustice have to become key #EU priorities
Inclusivity can be a valuable tool to reconcile theses challenges, thank you @vonderleyen for acknowledging the citizens’ work within the French citizens’ assembly @Conv_Citoyennehttps://t.co/vbW7Fhcx6O— Laurence Tubiana (@LaurenceTubiana) December 11, 2019
Le emissioni continuano a crescere. Bisogna creare un contesto per aumentare l’ambizione il prossimo anno quando gli stati dovranno rinnovare gli impegni per invertire la rotta.
Non è un argomento di questo negoziato, ma dobbiamo lasciare Madrid con un testo dove si parli di ambizione collettiva, che si ribadisca che tutti facciano la loro parte. Unione Europea, Cina, Australia stanno spingendo in questa direzione e devono aprire un dialogo con tutti i grandi inquinatori che fino a questo momento non hanno espresso l’intenzione di presentare piani dei tagli alle emissioni più ambiziosi. L’Accordo di Parigi è un framework, che non costituisce un’azione di per sé. Per questo abbiamo bisogno di mettere pressione sui governi. Abbiamo bisogno di discussioni tra politica e società civile in ogni paese. Il budget di carbonio che rimane è sempre più scarso. Il prossimo anno sarà il momento della verità per capire se i paesi che hanno firmato l’Accordo di Parigi saranno in grado di adempiere ai loro impegni.
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L’Ue ha un nuovo ruolo e sta giocando in attacco in questi negoziati.
Abbiamo un nuovo mandato per questa Commissione, una visione politica differente, compatta, che sa mettere insieme un Green deal, la volontà di avere una transizione verso un’economia low-carbon, e il clima in un’unica coerente politica europea. Questo è qualcosa di completamente nuovo.
In vista dei negoziati del 2020 sarà centrale il summit Ue-Cina voluto dalla cancelliera tedesca Angela Merkel per creare una politica condivisa, che si terrà a Lipsia, in Germania, il prossimo anno, prima delle elezioni negli Stati Uniti.
Noi abbiamo bisogno della Cina e di definire una dichiarazione comune, al pari della dichiarazione Obama-Xi Jinping nel 2014, per ribadire uno sforzo comune sul clima e non solo. Il clima è in cima all’agenda della Commissione e questo è fondamentale. L’interesse è comune: se l’Europa non raggiunge gli impegni di riduzione delle emissioni, sarà la Cina a subire gli impatti del cambiamento climatico, e viceversa. Per fare questo però servirà ratificare l’impegno dell’Europa per nuove ambiziose riduzioni come chiesto dal Parlamento europeo. Io penso che sia possibile avere tutti gli elementi nella giusta sequenza.
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Però rimangono le elezioni americane.
Per i candidati democratici la questione climatica occupa un posto centrale. Qualora si verificasse uno spostamento negli equilibri politici negli Stati Uniti ci troveremmo in un contesto completamente diverso, favorevole, per l’ambizione internazionale. Come accaduto con il Canada, spero possa accadere con gli Usa.
In Europa c’è ancora tanto lavoro politico da fare.
Abbiamo l’obiettivo della carbon neutrality per il 2050, che vari stati devono ancora trasformare in legge entro il prossimo anno, l’Ue Green deal, mentre per far crescere l’ambizione dovremo attendere ancora un po’ di mesi. Il principale ostacolo è come rendere possibile la transizione. Per tanti paesi come Polonia e Repubblica Ceca non è semplice. Dunque la questione chiave è come progettiamo questa transizione? Serve mettere le politiche sociali davanti a quelle climatiche, solo così supereremo tutti gli ostacoli.
#Climat : “Le monde de demain ne ressemblera pas à celui d’aujourd’hui, et le devoir des pouvoirs publics est de s’y préparer dès maintenant en formant l’ensemble de la fonction publique à ces nouveaux enjeux” – notamment à l’ENA !#UrgenceClimatiquehttps://t.co/D0ooTSkpuX — Laurence Tubiana (@LaurenceTubiana) December 4, 2019
Domani Ursula von der Leyen, presidentessa della Commissione europea, presenterà l’European green deal. Cosa si aspetta da questa misura?
Un piano di investimento europeo che coinvolga le istituzioni finanziarie. Non solo: dobbiamo improntare una nuova politica agricola dove l’agricoltura sia parte della soluzione; servono policy industriali ad emissioni zero. Serve una coraggiosa strategia di elettrificazione dei trasporti, un radicale incremento delle energie rinnovabili, e nuovi target di efficienza energetica. Il tutto però con la componente sociale al cuore del piano.
We will invest all our energy into Europe??and its people. #vdLcommission pic.twitter.com/APaiDoAfYY
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 27, 2019
L’Italia ha varato una legge sul clima. Pensa che l’Italia stia facendo abbastanza in Ue?
Il governo italiano ha intrapreso alcune iniziative positive. Ha finalmente una visione per essere carbon neutral al 2050. E spero che supporterà la riduzione delle emissioni del 55 per cento al 2030. Ma sono sicura, dato che ospiterà la pre-Cop e la Cop dei giovani, che saprà essere all’altezza con misure idonee.
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La Cop26 è stata un appuntamento vitale per l’Africa che contribuisce in misura minima ai cambiamenti climatici, ma ne sopporta le conseguenze peggiori.
Com’è andata la Cop26, un commento a mente fredda sulla conferenza sul clima di Glasgow. Non è ancora il tempo per abbandonare la speranza.
L’intesa punta al 2035 per la definitiva affermazione dei mezzi a zero emissioni. Il nostro paese non firma, sì dalle città di Roma, Firenze e Bologna.
Sabato 13 novembre, un giorno più tardi del previsto, è terminata la Cop26. Luci e tante ombre nel Patto di Glasgow sul clima, indebolito dall’India.
Nella mattinata di sabato 13 novembre è stata diffusa una terza bozza di dichiarazione finale alla Cop26 di Glasgow.
La parità di genere è a pieno titolo un tema della Cop26, perché le donne sono particolarmente esposte alle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Gli inviati alla Cop26 di Cina e Stati Uniti hanno annunciato, a sorpresa, una cooperazione per abbattere le emissioni di gas ad effetto serra.
Dalla Cop26 ci si attendono anche risposte chiare sulla necessità di operare una transizione ecologica che sappia garantire la parità di genere.
All’alba di mercoledì 10 novembre, dopo una notte di negoziati, è stata pubblicata la prima bozza di accordo alla Cop26 di Glasgow.