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Il primo report di sostenibilità della Guido Berlucchi, azienda vitivinicola simbolo della Franciacorta, riassume l’impegno di oltre vent’anni per una viticoltura rispettosa dell’ambiente.
Non tutti sanno che il termine Franciacorta ha tre significati: indica infatti allo stesso tempo una zona vitivinicola nella provincia di Brescia, un metodo di produzione del vino e lo spumante che se ne ottiene. E non tutti sanno che questo triplice significato, che racchiude la storia e la vocazione di un territorio vitivinicolo d’eccellenza, ha avuto origine solo nel 1955, quando Franco Ziliani, giovane enologo, propose a Guido Berlucchi, discendente della nobile famiglia Lana de’ Terzi e produttore di vini fermi, di provare a produrre un vino “alla maniera dei francesi”, ovvero con il metodo allora chiamato champenoise e oggi detto metodo classico. Vino che vide la luce nel 1961 in 3mila bottiglie, rendendo quest’intuizione decisiva per le sorti di un’intera regione, oggi sinonimo di spumante. Dopo questo primo esperimento, infatti, l’azienda Guido Berlucchi, inaugurò il metodo Franciacorta e molte altre imprese seguirono il suo esempio.
Alla vigilia dei sessanta anni di attività, però, le sfide del settore riguardano la creazione di un modello di viticoltura sostenibile, che limiti il suo impatto ambientale e reagisca meglio, al contempo, agli effetti di un clima più caldo. In altre parole, che non sia più né responsabile, né vittima dei cambiamenti climatici. Per creare questo modello produttivo, bisogna seguire due direzioni: quella della tradizione, attraverso il recupero di alcune pratiche antiche già rispettose dell’ambiente, e quella dell’innovazione, con l’uso di tutte le tecnologie d’avanguardia che l’agricoltura di precisione ha reso disponibili.
L’azienda Guido Berlucchi, oggi guidata dai tre figli discendenti del capostipite (Arturo, Cristina e Paolo), è impegnata su tutti questi fronti e quest’anno pubblica il suo primo report di sostenibilità, dal titolo “Il primo raccolto”, realizzato con la consulenza di Ernst&Young e la collaborazione di LifeGate.
Il report analizza il percorso intrapreso in oltre 20 anni e passa in rassegna le migliorie generate – sugli 85 ettari di vigneti di proprietà e dei 450 ettari dei viticultori partner – dall’azienda pioniera e fondatrice della Franciacorta con le sue positive ricadute, dalla lotta all’impoverimento del suolo con tecniche sperimentali all’avanguardia, al contrasto al cambiamento climatico con nuovi approcci enologici, alla riduzione del consumo di risorse fino all’utilizzo di varietà autoctone più appropriate quali l’Erbamat, che con la sua maturazione tardiva risponde meglio agli effetti dei cambiamenti climatici.
L’azienda vitivinicola ha nel tempo aderito a diversi progetti, a partire da Mille1Vigna, che nel 2007 ha mappato le caratteristiche di tutti i singoli vigneti per realizzarne una sorta di carta di identità. Questo progetto pilota ha reso possibile l’adesione ad altre iniziative, come dal 2010 Ita.Ca®, il primo calcolatore italiano per le emissioni di gas a effetto serra nel settore vitivinicolo, che ha permesso di misurare l’impatto ambientale lungo la filiera e di identificare le aree di miglioramento. Nel 2017 è seguito Biopass, progetto di monitoraggio della “bontà” dei terreni per misurare le condizioni vitali e salvaguardare la biodiversità. L’indagine ha osservato l’evoluzione della sostanza organica nel terreno in relazione alle pratiche agronomiche adottate nei campi, per identificare soluzioni sempre più mirate per la crescita di una vite sana. Infine, dal 2016 al 2019 è in corso Life Vitisom, nell’ambito del programma europeo Life, che grazie a un sistema gps stabilisce la concimazione organica necessaria in base all’effettivo vigore del vigneto. Oltre a consentire un risparmio di prodotto, questa pratica ottimizza l’impiego delle macchine in vigneto: un minor numero di passaggi minimizza le emissioni di gas a effetto serra e allo stesso tempo consente un minor compattamento del terreno, a beneficio della biodiversità e della vitalità del suolo.
Ma la visione della Guido Berlucchi si spinge oltre gli aspetti direttamente legati alla produzione enologica e guarda anche alla complessità delle ricadute socio-culturali sul territorio. “La sostenibilità è oggi al centro della nostra azione e lo sarà sempre di più per il futuro.” assicura Arturo Ziliani, ceo e direttore tecnico della Guido Berlucchi. “Per queste ragioni, in anni recenti, abbiamo sviluppato progetti quali Academia Berlucchi e abbiamo potenziato l’hospitality didattica, con visite guidate presso la nostra sede storica, per meglio promuovere e fare conoscere la Franciacorta. Stiamo anche progettando campagne di corporate social responsibility, con iniziative dedicate alla formazione delle nuove generazioni. Siamo in un periodo estremamente complesso, e vogliamo affrontarlo con un messaggio di positività, determinazione e consapevolezza: non abbiamo altra scelta che trattare bene il nostro pianeta e chi ci vive, ciascuno facendo la propria parte”.
Oggi l’azienda genera un fatturato di 43 milioni di euro e dà lavoro a circa 100 collaboratori, in un legame con il territorio d’origine che è rimasto nei decenni sempre molto stretto.
“Il nostro primo report di sostenibilità 2019 riunisce i risultati di tutti questi anni di lavoro nel cuore della Franciacorta, per costruire la nostra vision.” commenta Arturo Ziliani “Anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, grandinate, gelate, siccità non hanno fermato la nostra idea di creare un’azienda più rispettosa di questo territorio e di chi lo vive, proteggendolo come un patrimonio non rinnovabile ed elevando in modo evidente la qualità dei vini a nome Franciacorta. Con il termine sostenibilità vogliamo indicare la reale capacità da parte della nostra azienda di leggere in modo complessivo e ampio l’impatto delle attività sul territorio, studiandole, migliorandole per disegnare un futuro responsabile”.
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