Gli Stati Uniti registrano la più significativa riduzione delle emissioni dal secondo dopoguerra, ma tutto potrebbe cambiare con il ritorno alla normalità.
Nel 2020, l’anno più caldo mai registrato a livello globale (insieme al 2016), gli Stati Uniti hanno diminuito le proprie emissioni di gas serra del 10,3 per cento, segnando così il calo più corposo dalla fine della Seconda guerra mondiale. A svelarlo è uno studio recentemente pubblicato dalla società di ricerca Rhodium group.
Purtroppo, per trovare i motivi che hanno portato a questo risultato non serve chiamare in causa grossi cambiamenti legislativi o investimenti importanti nel settore delle energie rinnovabili, a cui d’altra parte il presidente uscente Donald Trump si è sempre dichiarato contrario. Il merito principale va attribuito alla pandemia di Covid-19, che ha rallentato gli spostamenti, bloccato i consumi, chiuso le porte di uffici e altri stabilimenti commerciali per gran parte dell’anno.
Il contributo maggiore al calo dell’inquinamento è stato apportato dal settore dei trasporti, il quale di norma genera quasi un terzo delle emissioni di gas serra di tutto il paese ma che, nel 2020, è stato messo in crisi dalle misure restrittive che hanno limitato viaggi e spostamenti non essenziali. Secondo Rhodium group, tra marzo e aprile gli aerei hanno consumato il 68 per cento di carburante in meno rispetto al 2019, mentre la richiesta di benzina è scesa del 40 per cento e quella di diesel, generalmente utilizzato per mezzi pesanti, del 18 per cento. Nello stesso periodo, le miglia percorse in auto dagli americani sono calate del 40 per cento.
Il secondo settore ad aver visto diminuire il proprio peso ambientale è quello elettrico, che negli Stati Uniti produce normalmente il 28 per cento delle emissioni inquinanti. Nel 2020 sono state emesse 167 milioni di tonnellate di gas serra in meno rispetto all’anno precedente, segnando un calo pari circa al 10 per cento. Il motivo, questa volta, non è tanto attribuibile alla pandemia – la richiesta di energia elettrica è scesa soltanto del 2 per cento – quanto all’abbandono graduale della dipendenza dal carbone a favore di altre fonti come il gas naturale, il nucleare o le energie rinnovabili.
Infine, un ulteriore contributo è stato dato dallo stop forzato alle attività delle industrie pesanti: ad aprile, ad esempio, l’estrazione di carbone è crollata del 38 per cento, mentre la produzione di acciaio e ferro è scesa del 33 per cento.
Usa in linea con la Cop 15, ma gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sono ancora lontani
Complessivamente, gli Stati Uniti hanno tagliato le proprie emissioni di gas serra del 21,5 per cento rispetto ai livelli del 2005, raggiungendo e superando così gli obiettivi dell’Accordo di Copenaghen siglato durante la Cop 15 del 2009, con il quale gli Usa dell’allora presidente Obama si erano impegnati a raggiungere una riduzione del 17 per cento tra il 2005 e il 2020.
Nonostante questo, i risultati ottenuti negli ultimi dodici mesi sono ancora lontani dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi, con cui gli Stati Uniti mira(va)no a tagliare le emissioni del 26 per cento rispetto al 2005 entro i prossimi cinque anni. Su decisione del presidente Trump gli Stati Uniti sono usciti dall’accordo lo scorso novembre, ma l’amministrazione Biden, che entrerà in carica il 20 gennaio 2021, ha promesso di ribaltare la situazione e tornare rapidamente tra i firmatari del testo.
Emissioni in crescita nel post-pandemia
I risultati ottenuti nel 2020 a livello di emissioni inquinanti possono sembrare incoraggianti, ma secondo gli esperti questi non sono destinati a durare nel tempo. Con l’arrivo dei vaccini contro il nuovo coronavirus e il lento ritorno a uno stile di vita tradizionale, è infatti probabile che anche le emissioni ricomincino a crescere nel 2021.
La previsione sembra per ora trovare conferma nei dati registrati già nella seconda metà dello scorso anno, quando il trend positivo ha cominciato ad affievolirsi. Per fare qualche esempio, partendo da un calo del 68 per cento ad aprile, in dicembre l’uso di carburante nel settore dell’aviazione era inferiore solo del 35 per cento rispetto ai livelli del 2019, mentre l’uso del diesel è risalito tanto da raggiungere quasi i livelli pre-pandemici.
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