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Il gruppo parlamentare europeo dei Verdi ha risposto agli attacchi delle lobby agroindustriali sulla strategia Farm to fork appena approvata dal Parlamento europeo.
Negli scorsi giorni il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione contenente le linee guida della strategia Farm to fork che, all’interno del Green deal, punta alla trasformazione sostenibile dei sistemi alimentari con il coinvolgimento di tutti gli attori della filiera, dal produttore al consumatore. Al fine di ridurre l’inquinamento ambientale, contrastare il cambiamento climatico, tutelare la biodiversità e promuovere la sicurezza alimentare, la strategia Farm to Fork prevede, tra le altre cose, il dimezzamento dell’uso di pesticidi in Europa entro il 2030 e la coltivazione del 25 per cento dei terreni europei con metodo biologico. Misure che non piacciono alle lobby agroindustriali che hanno cercato di fare pressioni sul voto appellandosi a una relazione del Centro di ricerca della Commissione europea (Jrc), secondo cui l’attuazione degli obiettivi della strategia “avrebbe un impatto significativo sulla produzione agricola nell’Ue”. Attacchi a cui il gruppo parlamentare dei Verdi, ha voluto rispondere con un lungo articolo, basato su studi scientifici, che cerca di sfatare le tesi contrarie alla strategia Farm to fork.
In risposta a chi sostiene che alla riduzione dei pesticidi consegua una riduzione delle rese e quindi del reddito degli agricoltori, i Verdi hanno riportato alcuni dati secondo cui l’efficienza economica dell’uso dei pesticidi è diminuita di almeno il 25-27 per cento dal 1995, oltre a uno studio su 55 colture biologiche – coltivate in cinque continenti per un periodo di 40 anni – che ha dimostrato che, nonostante le rese più basse, l’agricoltura biologica è significativamente più redditizia (del 22-35 per cento) di quella convenzionale.
“Gli agricoltori europei sono bloccati in un circolo vizioso – si legge nel testo – Spendono sempre più soldi in pesticidi e fertilizzanti nel tentativo di compensare la diminuzione delle loro rese (rispetto alla tendenza media mondiale) quando, in realtà, più usano questi prodotti, più riducono il loro reddito”. E, ancora: “È vero che usare meno pesticidi e fertilizzanti sintetici porta a rendimenti più bassi. È anche vero che il diserbo meccanico richiede un lavoro supplementare. È vero che tutto questo porta a un aumento dei costi per gli agricoltori. Tuttavia, questi costi sono compensati da prezzi più alti sul mercato del biologico”. Senza considerare, poi, che la resa non è il solo elemento che influenza il reddito degli agricoltori: “Dei guadagni senza precedenti in agricoltura dal 1945 non hanno beneficiato gli agricoltori, ma altri attori della catena alimentare quali l’industria agroalimentare, i supermercati e i consumatori”.
Per i Verdi la produzione intensiva non sarebbe utile a combattere la malnutrizione: “Negli ultimi anni, le nostre diete sono diventate meno sane, meno equilibrate e meno nutrienti. Consumiamo più cibi lavorati, più carne e più latticini che mai. Il settore dell’allevamento è in piena espansione e l’incentivo economico per evitare lo spreco di cibo sta diventando più debole. Tutto ciò è legato alla nostra ossessione di aumentare le rese agricole. Ma le aziende agricole stanno aumentando la quantità della produzione, non la qualità”.
L’attuale struttura del sistema alimentare, inoltre, contribuisce ai cambiamenti climatici, che a loro volta lo influenzano. Per fare spazio alle colture intensive, infatti, si tagliano gli alberi, mentre gli allevamenti intensivi sono responsabili della produzione di gas serra: in questo modo aumentano la deforestazione e l’inquinamento che provocano eventi climatici estremi che a loro volta riducono le rese, distruggono i raccolti e minacciano la biodiversità. Occorre invertire la rotta: con il voto degli scorsi giorni sulla strategia Farm to fork, l’Europa ha stabilito la direzione in cui procedere: ora si attendono proposte di legge per concretizzare i buoni propositi.
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