G7 Ambiente. La fine dei sussidi alle fonti fossili, nonostante le promesse, esiste solo sulla carta

Il G7 aveva garantito di porre fine a qualsiasi sostegno pubblico a carbone e petrolio entro il 2025. Ad oggi, però, nulla di fatto.

Di fronte alle conseguenze già tangibili e disastrose dei cambiamenti climatici, il minimo indispensabile sarebbe smettere di spendere denaro pubblico per finanziare i combustibili fossili. I membri del G7 avevano fatto questa promessa al vertice che si è tenuto nel 2016 a Ise-Shima, in Giappone, fissando come scadenza il 2025. L’anno successivo, però, il dibattito è caduto nel vuoto. Lo stesso silenzio che è risuonato a settembre 2018, al G7 Ambiente di Halifax.

Cos’è il G7 Ambiente

Quest’anno è il Canada a detenere la presidenza del G7, il vertice dei sette paesi più industrializzati al mondo (gli altri sei sono Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia). Oltre al summit annuale che si occupa prevalentemente di temi economici, e che si è svolto tra il 7 e il 9 giugno 2018, esistono anche delle riunioni settoriali, che non coinvolgono i capi di stato e di governo ma i ministri dei paesi membri.

Tra questi c’è anche il G7 Ambiente, che si è tenuto tra il 19 e il 21 settembre ad Halifax, nella provincia della Nuova Scozia (nella zona sudorientale del paese) e ha riunito tutti i ministri che si occupano di ambiente, cambiamenti climatici e oceani. Per l’occasione, sono stati invitati come osservatori anche i rappresentanti di Giamaica, Kenya, Isole Marshall, Nauru, Norvegia, Seychelles e Vietnam, oltre a una serie di organizzazioni della società civile.

Il Canada non indica una data per la fine degli incentivi

Se si dovesse fare una classifica degli stati che elargiscono più incentivi ai combustibili fossili in rapporto al pil, sul primo gradino del podio ci sarebbe proprio il Canada, “padrone di casa” di questo G7. Lo sostiene un report pubblicato dal centro di ricerca canadese International institute for sustainable development, che prende in considerazione sia i sussidi diretti sia quelli indiretti, elargiti sotto forma di agevolazioni fiscali.

Ad Halifax, però, la ministra per l’Ambiente e i cambiamenti climatici Catherine McKenna ha preferito glissare. Di fronte alla domanda del National Observer su quando si porrà fine agli incentivi per le fonti più inquinanti, si è limitata a una dichiarazione d’intenti: “Il Canada si è impegnato per questo e sta andando avanti. Abbiamo già eliminato alcuni incentivi e continueremo a farlo, in modo da proteggere l’ambiente, contrastare i cambiamenti climatici e far crescere l’economia”. Quando il cronista ha chiesto ulteriori dettagli, però, ha chiuso la discussione, giustificandosi col fatto che il suo tempo fosse scaduto.

Justin Trudeau, Catherine McKenna, Canada
La ministra per l’Ambiente canadese Catherine McKenna e il primo ministro Justin Trudeau alla Cop 21 di Parigi © Environment and Climate Change Canada

Quanto valgono gli incentivi alle fonti fossili, in Italia e nel mondo

Il progetto Climate Scorecard, nel mese di gennaio di ogni anno, pubblica un rapporto sull’ammontare degli incentivi ai combustibili fossili erogati dalle venti economie che emettono il maggior volume di gas serra.

StatoIncentiviAnno di riferimento
Usa8,15 miliardi $2015
Canada46,4 miliardi $media annua
India20,4 miliardi $2016
Spagna1,4 miliardi $2014-2016
Regno Unito8 miliardi $media annua
Australia11 miliardi $agevolazioni fiscali annue
Fonte: Climate Scorecard

Secondo i dati di Legambiente, quelli dell’Italia sono pari a 14,8 miliardi di euro nel 2016, con un netto aumento rispetto al 2015, quando questa cifra era pari a 13,2 miliardi. Leggermente più alta la stima diffusa dal ministero dell’Ambiente che, sempre in relazione al 2016, parla di 16,6 miliardi di euro di sussidi che in un modo o nell’altro risultano dannosi per l’ambiente: le fonti fossili beneficiano del 69 per cento di questa cifra. Un volume di risorse non indifferente, considerato che il totale degli aiuti di stato di qualsiasi genere è stato pari a 41 miliardi di euro, pari a circa il 2,5 per cento del pil nazionale.

Leggi anche: Ambiente, quei 16 miliardi di sussidi dannosi che fanno riflettere

A livello globale, secondo una stima pubblicata dalla rivista scientifica World Development, i sussidi alle fonti fossili ammontavano a 4.900 miliardi di dollari nel 2013 e a 5.300 miliardi di dollari nel 2015. In entrambi i casi, si tratta addirittura del 6,5 per cento del pil globale. Per la metà sono andati a favorire il carbone, la fonte di energia più sporca in assoluto.

Il nodo irrisolto della posizione degli Stati Uniti

Senza dubbio le cose non si fanno facili per i paesi del G7, dopo il clamoroso ritiro dall’Accordo di Parigi sul clima decretato dal presidente degli Usa Donald Trump. Al G7 era presente anche Andrew Wheeler, ex-lobbista per le big del carbone, che quest’estate ha assunto ad interim la guida dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa) dopo le dimissioni di Scott Pruitt, negazionista dei cambiamenti climatici e sostenitore dei combustibili fossili.

Wheeler ha partecipato anche agli incontri aperti alla stampa, senza proferire parola. Nemmeno quando Mark Carney, a capo del Financial Stability Board, si è collegato il teleconferenza per ricordare “il grande traguardo di Parigi” e la necessità di “uscire dal carbone”.

 

Foto in apertura © G7 Charlevoix / Flickr

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