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Domeni, 4 marzo, è il giorno delle elezioni, chiusa la campagna elettorale tra le più scadenti che si possano ricordare dal dopoguerra a oggi, con poche idee concrete e praticabili, senza validi confronti tra le parti in campo, fortemente condizionata dalla spada di Damocle di una legge elettorale pasticciata che rischia di condurre all’ingovernabilità, un gruppo di 23
Domeni, 4 marzo, è il giorno delle elezioni, chiusa la campagna elettorale tra le più scadenti che si possano ricordare dal dopoguerra a oggi, con poche idee concrete e praticabili, senza validi confronti tra le parti in campo, fortemente condizionata dalla spada di Damocle di una legge elettorale pasticciata che rischia di condurre all’ingovernabilità, un gruppo di 23 associazioni per la protezione ambientale propone alle forze politiche che si contendono la maggioranza del futuro parlamento un’agenda ambientale.
50 idee che, se adottate, potrebbe davvero segnare il punto di svolta per il nostro Paese, ponendo la sostenibilità ambientale al centro di una strategia capace di sconfiggere la crisi e di darci un nuovo e duraturo modello di sviluppo, che sappia coniugare ambiente, economia, lavoro e società. Perché energia, rifiuti, agricoltura, paesaggio non sono una sterile etichetta da mettere sui propri programmi, ma i punti cardine di una riconversione ecologica che, almeno a parole, buona parte dei politici in lizza dice ormai di volere.
Al di là del ritardo culturale della classe dirigente, fortunatamente è la società a dimostrare che i tempi per questa scommessa sono più che maturi. Basti considerare che già 355mila imprese italiane dell’industria e dei servizi hanno investito (nel periodo 2011-2016, o hanno previsto di farlo entro il 2017) in prodotti e tecnologie green, secondo il rapporto Green Italia 2017 di Fondazione Symbola e Unioncamere). Inoltre, oggi l’Istat ci dice che il 51,9 per cento degli italiani è seriamente preoccupato per i cambiamenti climatici.
Si è svolta dunque una serrata serie di incontri con tutti i partiti e i movimenti che si candidano a governare l’Italia, ai quali è stata presentata un’agenda di 50 proposte suddivise in 18 aree di intervento, che spaziano dalle infrastrutture e i trasporti alle aree protette, dai beni culturali all’agricoltura, dalle bonifiche industriali all’energia, dagli usi civici alla tutela e valorizzazione della biodiversità, dalla difesa del suolo al turismo, alla legalità.
A unire le maggiori sigle nazionali impegnate in campo ambientale in questo patto è la ferma convinzione che la chiave di lettura ambientalista sia quella giusta per dare corpo al cambiamento. Nello specifico, al nuovo governo si chiede di dare seguito a una serie di iniziative in linea con quanto già da tempo ci chiede l’Europa.
Tra queste, la redazione del Piano nazionale clima ed energia, che faccia conseguire l’obiettivo 100 per cento rinnovabili al 2050, la definizione di una road map per la fuoriuscita dall’uso del carbone entro il 2025, il varo di Piano nazionale della mobilità, atteso dal 2001, per favorire la mobilità pulita (a cominciare dalla bicicletta e dalle auto elettriche), la definizione della nuova Strategia nazionale per la biodiversità, post 2020, nel pieno rispetto delle direttive europee Habitat e Uccelli per conservare un patrimonio che non ha eguali in Europa ma che è sottoposto a gravi fenomeni di bracconaggio e di speculazione nelle aree di pregio, il sostegno alla profonda revisione della Politica agricola comune, basata sui principi dell’agroecologia e del benessere animale, mantenendo il divieto assoluto di prodotti ogm, la piena attuazione della Strategia marina per l’ambiente marino, così come previsto dalla direttiva europea del 2008, e la tutela delle aree interne con appositi provvedimenti per le zone montane, nel rispetto della convenzione internazionale delle Alpi e per il rilancio della convenzione degli Appennini.
Altre proposte riguardano, infine, scelte necessarie per spostare finalmente dalla teoria alla pratica il concetto di sviluppo sostenibile, ormai a trent’anni dalla pubblicazione del rapporto Bruntland. Una legge efficace contro il consumo del suolo e la rigenerazione urbana, l’aggiunta di nuovi reati ambientali per la tutela della fauna protetta, la ridefinizione del ruolo dei parchi nella tutela e valorizzazione del patrimonio naturale, il completamento della stagione dei nuovi piani paesaggistici (sinora approvati da tre regioni: Puglia, Sardegna e Toscana), una carta nazionale delle terre civiche e un censimento dei demani civici illegittimamente occupati, l’istituzione di un fondo nazionale per le bonifiche dei siti inquinati orfani (senza più proprietario), sul modello statunitense, l’introduzione di una cauzione sugli imballaggi monouso per ridurre la produzione dei rifiuti.
Insomma, nonostante la preoccupazione per un esito elettorale tutt’altro che rassicurante, anche sotto il profilo delle scelte in campo ambientale, continuiamo a pensare che il nostro lavoro sia anche questo e che possa, come già molte volte in passato, dare i propri frutti. Avanzare proposte attuabili e risolutive, che hanno il pieno e consapevole sostegno di una larga parte dei cittadini, e controllare da vicino e senza distrazioni l’attività del Parlamento è il modo migliore per dare il nostro contributo all’affermazione di uno sviluppo sostenibile di cui il nostro paese, così come l’intero pianeta, ha estremamente bisogno.
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