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Dai peperoncini indiani alle bacche di goji cinesi, dai frutti di melograno della Turchia alle olive provenienti dall’Egitto: la blacklist 2020 Coldiretti sui cibi contaminati.
I peperoncini provenienti dall’India e dalla Repubblica Dominicana, le bacche di goji dalla Cina e il riso dal Pakistan: sono questi tre cibi a conquistare l’infelice podio dei cibi più contaminati secondo la blacklist stilata nel 2020 da Coldiretti sulla base degli ultimi rapporti elaborati dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) sui Residui dei fitosanitari in Europa e dal ministero della Salute sul Controllo ufficiale sui residui dei prodotti fitosanitari degli alimenti.
Scendendo nello specifico, un peperoncino proveniente da India e Repubblica Domenicana su cinque analizzati (il 20 per cento) è risultato irregolare per la presenza di residui chimici secondo gli standard europei. Lo stesso vale per il 13 per cento delle bacche di goji cinesi e per il 12,5 per cento del riso importato dal Pakistan. A seguire, nella lista nera, compaiono le melagrane provenienti dalla Turchia, il tè dalla Cina, l’okra (o frutto di gombo) dall’India, la pitaya (o dragon fruit) dall’Indonesia, i fagioli secchi dal Brasile, i peperoni dolci dall’Egitto e, sempre dall’Egitto, le olive da tavola lavorate.
Come ha spiegato Coldiretti, questi prodotti importati in Italia sono risultati contaminati da diversi insetticidi, alcuni dei quali non sono più ammessi dalla legislazione europea e italiana. In generale, i prodotti importati presentano l‘1,9 per cento di campioni irregolari, percentuale che sale al 5,8 nel caso di cibi extracomunitari, mentre per quanto riguarda gli alimenti di origine nazionale, è risultato non conforme ai limiti di legge consentiti lo 0,6 per cento del campione.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della sicurezza dei consumatori” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci deve essere la garanzia di un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro. L’invito dell’associazione ai consumatori è quello di leggere l’etichetta degli alimenti che riporta il paese di provenienza per molti dei cibi presenti sugli scaffali, dalla frutta alla verdura, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova fino alla carne bovina, al pollame e, novità dello scorso settembre con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto interministeriale, ai salumi.
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