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Più di 30 anni di campagne, in più di 70 fotografie. È l’ambizioso obiettivo del libro che per la prima volta racconta la storia di Greenpeace Italia, attraverso le voci degli attivisti che hanno difeso l’ambiente a qualunque costo.
“Eravamo uniti da un sentimento che David McTaggart aveva espresso al Time dalla sua scrivania in viale Manlio Gelsomini 28: ‘Tenete a mente la cosa principale: state combattendo per portare i nostri bambini tutti interi nel Ventunesimo secolo. Oltre a questo, al diavolo le regole’”, ricorda il suo assistente Brian Fitzgerald nel primo capitolo del libro Greenpeace. I guerrieri dell’arcobaleno in Italia.
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Nel 1968, l’anno del più grave incidente nucleare della storia, David McTaggart era presidente dell’organizzazione ambientalista Greenpeace International. Era convinto che il nostro paese fosse la chiave di accesso al Mediterraneo: ed è così che a Roma, in viale Gelsomini 28, nacque Greenpeace Italia. Da allora sono passati più di trent’anni e il volume, presentato al Salone internazionale del libro di Torino, li ripercorre tutti.
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“A scorrere queste pagine che raccontano oltre un trentennio di storia di Greenpeace in Italia, ritroviamo anche un pezzo di storia del paese”, scrive nella prefazione il presidente Andrea Purgatori. Attraverso le immagini e i racconti di chi ha vissuto quei momenti in prima persona, possiamo immergerci nella forza delle campagne che gli attivisti dell’ong hanno portato avanti, lottando per il futuro del nostro territorio con le unghie e con i denti, compiendo azioni coraggiose e senza mai tirarsi indietro. Si possono davvero considerare dei supereroi, che vegliano sulla natura.
«Se una foto è buona racconta molte storie diverse». Infatti, nel libro “I Guerrieri dell’Arcobaleno in Italia”, edito da @MinervaEdizioni, c’è tutto il mondo di #Greenpeace. Ve lo presentiamo al #SalTo18 domenica 13 maggio alle 13,30, Sala Stock – PADIGLIONE 5 pic.twitter.com/K6RAqZgrwa
— Greenpeace Italia (@Greenpeace_ITA) 11 maggio 2018
Si sono arrampicati sulle navi per impedire che scaricassero ogm nei porti italiani, e sulla ciminiera più alta dell’Ausimont brandendo uno striscione con la scritta: “Qui si buca l’ozono”. Gli scatti del grande Sergio Ferraris hanno documentato istante per istante quella campagna, che ha portato all’approvazione della legge salva-ozono.
Hanno solcato i cieli per promuovere l’energia solare e i mari per salvare le balene, come nel maggio del 1994, quando hanno marciato in cinquanta città per chiedere che il governo italiano sostenesse le misure a tutela dei grandi cetacei e promuovesse la pesca sostenibile nei nostri mari.
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Si sono battuti per evitare che la centrale di Porto Tolle, a pochi passi dal Delta del Po, venisse trasformata in un nuovo impianto a carbone, tanto che ora diventerà un villaggio turistico dove praticare attività sostenibili. Hanno protestato contro il nucleare, le trivelle, il glifosato e le piantagioni di palma da olio, chiedendo alle grandi aziende italiane di ripulire le loro filiere dai prodotti provenienti dalla deforestazione in Indonesia. Non hanno avuto paura di denunciare. Hanno gridato talmente tanto da restare senza voce, come Cristian D’Alessandro, in ginocchio con una pistola alla tempia e l’accusa di pirateria sulle spalle. Ma non si sono mai arresi.
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