
Divertimento, creatività e sviluppo cognitivo. La lettura fin da piccoli stimola la crescita e il benessere psicofisico.
Nel libro Note per salvare il pianeta, Matteo Ceschi racconta il rapporto tra canzone e ambiente, dal 1947 ai giorni nostri.
Le lotte per la Terra hanno una colonna sonora? La risposta è sì. Il mondo della musica ha avuto e tuttora ha un ruolo fondamentale nelle proteste ambientaliste, nella maniera in cui la musica si fa portavoce dei cambiamenti sociali in generale. Ed è questo ciò che affronta il libro di Matteo Ceschi, Note per salvare il pianeta, edito da Vololibero.
La musica pop, con la sua immediatezza e ampia diffusione, ha da sempre accompagnato e sostenuto i movimenti sociali di tutto il mondo: una canzone può esprimere in pochi minuti tutto il senso di una protesta, unendo i manifestanti in un unico grido. Si pensi, per esempio, all’immortale We shall overcome, inno del movimento per i diritti civili di Martin Luther King nel 1963 e cantata in seguito in ogni marcia per i diritti civili degli anni Sessanta. O ancora, al più recente movimento Black lives matter che la musica ha appoggiato e sostenuto nei più svariati modi.
In Note per salvare il pianeta, lo storico, giornalista, saggista e fotografo milanese Matteo Ceschi indaga lo stretto legame tra il mondo della musica, la canzone di protesta e i movimenti ambientalisti: il rapporto tra musicisti e attivisti (che spesso si sovrappongono), dal secondo dopoguerra fino alle più recenti battaglie di Extinction rebellion e Fridays for future.
Amici, conoscenti e colleghi giornalisti hanno posto una serie di domande all’autore che ha risposto con un’ampia e dettagliata documentazione. Il libro si sviluppa, infatti, in forma di dialogo a distanza e ripercorre più di settant’anni di relazioni che hanno cambiato la storia della musica.
A partire dal 1947, il libro ripercorre quasi otto decenni di storia musicale, costellata dalla nascita di nuovi generi musicali (dal punk al funk, dal metal al jazz) e di nuovi movimenti ambientalisti, ma anche caratterizzata da modalità differenti da parte degli artisti di appoggiare le proteste e aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali.
Si parte dalla questione nucleare dell’immediato secondo dopoguerra, che gli artisti degli anni Sessanta hanno poi preso in eredità e che ha contraddistinto anche i due decenni successivi, producendo alcuni dei brani ambientalisti che rimangono ancora oggi tra i più suonati e registrati in assoluto nella storia della musica.
Uno fra tutti quelli che troviamo citati nel libro è certamente Morning dew di Bonnie Dobson, che in seguito i Grateful dead e Jeff Beck e Rod Stewart hanno declinato con sonorità più rock, decretando l’entrata delle tematiche ambientaliste nell’orizzonte rock e inaugurando la Summer of love del 1967.
Non solo il nucleare fra le tematiche che hanno ispirato brani e dischi, ma anche il surriscaldamento delle acque e la fusione delle calotte polari; stili di vita alternativi e ritorno alla natura; la battaglia per le acque pulite e il diboscamento delle foreste; la difesa delle balene, degli animali e la condizioni nei macelli e negli allevamenti intensivi; inquinamento dell’aria e buco nell’ozono; i disastri di Bhopal, Chernobyl, ma anche Seveso.
Tantissima la musica e gli artisti internazionali citati: Jefferson airplane, Joni Mitchell, Joan Baez, Jimi Hendrix, Bob Dylan, Canned heat, Marvin Gay, Malvina Reynolds, Crass, David Bowie, The Smiths, Dead Kennedys, Depeche mode, Moby, Gorillaz…
Ma c’è spazio anche per la musica italiana con, fra gli altri citati, Virgilio Savona e il suo album Pianeta pericoloso, Franco Battiato con Pollution — probabilmente la prima opera a livello internazionale interamente dedicata alle tematiche legate all’impatto dell’uomo sugli ecosistemi —, Antonello Venditti con Canzone per Seveso e Ricky Gianco, autore anche della prefazione del libro.
Viviamo in un mondo meraviglioso che purtroppo non tutti gli esseri umani rispettano e anzi, da quasi un secolo, tentano di distruggere (…) Per nostra fortuna ci sono anche persone che seguono, denunciano e lottano per salvarlo.
Oltre a ispirare brani e dischi, negli anni molti musicisti hanno vissuto l’ambientalismo anche come vera e propria militanza.
Il libro riporta episodi di disobbedienza civile di artisti e musicisti. Ricorda le prime organizzazioni non profit appoggiate o addirittura fondate da artisti — come Clearwater, fondata nel 1969 da Pete Seeger, convinto ambientalista, e ancora oggi attiva, o Rainforest foundation fund di Sting. Racconta degli eventi di beneficienza, come i concerti No Nukes organizzati dal gruppo di artisti attivisti Musicians united for safe energy (MUSE), capitanati da Jackson Brown.
Più vicino ai giorni nostri, la musica si è fatta cassa di risonanza di una certa politica — quella di Al Gore negli anni Novanta, per esempio — o di movimenti in prima linea per la salvaguardia del Pianeta. Molti artisti si sono uniti agli equipaggi e alle azioni dirette di Sea shepherd, per esempio, o alle manifestazioni dei Fridays for future, partiti dalle proteste di Greta Thunberg.
Pearl jam, Bonnie Raitt, Billie Eilish, Neil Young e la sua crociata contro Monsanto; ma anche una rinnovata consapevolezza da parte degli artisti che li muove verso la ricerca di un business più consapevole ed ecosostenibile, come la scelta dei Rem o di John Butler di affrontare il business musicale in maniera ecosostenibile.
Nel libro, la storia della musica ambientalista è supportata da un’indagine dettagliata dei testi, della genesi, dell’inquadratura storica dei brani che vengono menzionati. Gli stralci di testo delle canzoni con traduzione in italiano aiutano a farsi un’idea di quanto il pop sia stato portavoce delle lotte ambientaliste e a capire come la musica sia lo specchio dell’opinione pubblica e del clima socio politico in mutamento. E a volte, addirittura, lo anticipi.
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