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Nel comparto alimentare, risulta fondamentale il ruolo delle aziende nel promuovere packaging sicuri e facilmente riciclabili, come quello di Pasta Garofalo.
Il tema dell’economia circolare sta entrando sempre più nel vocabolario delle aziende, che riconoscono la necessità di superare il modello di produzione tradizionale (economia lineare) attraverso nuovi impegni e nuovi obiettivi. In materia di packaging, in particolare, gli operatori del settore stanno proponendo diverse soluzioni e sistemi per ridurre i materiali impiegati, mentre l’attenzione delle aziende va a proporre imballaggi riciclabili o riutilizzabili. Questa sfida interessa da vicino l’industria alimentare, per la quale la plastica non è sempre facile da sostituire. Si tratta infatti di un materiale da confezionamento leggero e, per molti versi, economico ed efficace. Purtroppo, a livello globale, il suo riciclo non è ancora una pratica diffusa: nel 2019, solo il 18 per cento della plastica veniva riciclato, secondo le rilevazioni del World economic forum. Inoltre, più del 30 per cento degli imballaggi in plastica sfugge del tutto ai sistemi di raccolta, con significativi costi economici che andrebbero considerati tra le esternalità negative.
Secondo il report The new plastic economy della Ellen MacArthur foundation, nel 2016 un quarto della plastica mondiale è stato utilizzato per i packaging dei prodotti. L’imballaggio contribuisce a rendere i prodotti sicuri e a preservarne la qualità, ne prolunga la durabilità e aiuta a limitare gli sprechi alimentari.
Il packaging e l’etichettatura sono anche uno strumento di dialogo e trasparenza nei confronti del consumatore, un elemento fondamentale per trovare le informazioni necessarie a effettuare scelte d’acquisto consapevoli.
In un sistema alimentare più sostenibile, risulta quindi fondamentale il ruolo delle aziende per promuovere imballi facilmente riciclabili, così da dare loro una seconda vita. Sugli scaffali dei supermercati, al contrario, è possibile trovare pacchetti di pasta che evocano una certa attenzione per l’ambiente, attraendo i consumatori con una studiata “rusticità” della grafica. Può capitare però che proprio quegli imballaggi siano composti da materiali accoppiati e indivisibili, quindi non differenziabili. Lontani, dunque, dal concetto di economia circolare che visivamente richiamano.
È quindi molto importante che anche il consumatore impari a riconoscere quali sono le confezioni più sostenibili. Quelle mono-materiale (in carta o cartoncino o tutte in plastica) si possono differenziare e riciclare senza problemi.
Un esempio viene dalle scelte di Pastificio Garofalo. Per la fornitura di materiali di packaging, l’azienda ricorre a tredici aziende, tutte italiane. Da quasi quindici anni, Pastificio Garofalo ha scelto per gli imballaggi secondari carta riciclata, ottenuta dal macero della raccolta differenziata delle aziende e dei cittadini campani e certificata greenboxX®. Questi materiali sono sottoposti a un’analisi del ciclo di vita (Lca) e certificati Forest stewardship council (Fsc), quindi provenienti da foreste gestite in maniera responsabile. Solo nel 2019, per produrre le 5.072 tonnellate di cartone utilizzate, sono state evitate 405 tonnellate di emissioni di CO2 (rispetto a una produzione equivalente da fibre vergini) con un risparmio di 680.137 metri cubi di acqua e di 7.322.495 kWh di energia.
Per l’imballo primario della linea Garofalo, invece, l’azienda ritiene che l’uso della plastica trasparente 100 per cento riciclabile sia ancora la scelta ottimale per garantire e preservare le caratteristiche chimico-fisiche della pasta e assicurare quindi che ai clienti arrivi un prodotto inalterato dalla produzione. Si tratta anche di una scelta simbolica, in quanto la trasparenza è un valore aziendale e il packaging trasparente permette di rendere riconoscibile il contenuto dei prodotti sugli scaffali del supermercato, permettendo di vedere subito cosa si acquista.
Consapevoli dell’impatto che la plastica ha sull’ambiente, l’azienda non rinuncia alla ricerca di soluzioni alternative. In passato, per esempio, ha sperimentato e analizzato i costi e i benefici di un imballaggio in PLA (Polilattide o Acido Politattato), un nuovo polimero che deriva dal mais. Il PLA, che ha una trasparenza molto elevata e un’ottima termo-formabilità, limita le emissioni di CO2 grazie a un processo produttivo eco-compatibile e a una combustione non inquinante, è completamente biodegradabile e degrada rapidamente in compost.
Tuttavia, la sperimentazione ha reso evidente un divario non trascurabile tra il costo di questo materiale d’imballaggio e il costo del prodotto che contiene.
Per questo motivo, il progetto è stato accantonato. Al momento, quindi, utilizzare un pacchetto di plastica 100 per cento riciclabile resta per l’azienda la scelta migliore, accompagnata all’educazione ai consumatori nel riciclarla correttamente a fine utilizzo nel bidone della plastica o, meglio ancora, nel riutilizzarla come contenitore per altri alimenti.
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