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Pasta Garofalo, nel primo report domina la trasparenza
Anche nei periodi più restrittivi del lockdown, gli italiani non hanno rinunciato alla pasta, comfort food per eccellenza del nostro paese. Non è una sorpresa, dunque, che un produttore primario del segmento premium come Pasta Garofalo abbia, pur tra mille difficoltà, proseguito la sua crescita, realizzando nel 2020 ricavi per 219 milioni di euro, con
Anche nei periodi più restrittivi del lockdown, gli italiani non hanno rinunciato alla pasta, comfort food per eccellenza del nostro paese. Non è una sorpresa, dunque, che un produttore primario del segmento premium come Pasta Garofalo abbia, pur tra mille difficoltà, proseguito la sua crescita, realizzando nel 2020 ricavi per 219 milioni di euro, con un incremento del 36 per cento. Ma accanto alla sostenibilità economica, il produttore campano ha continuato a investire anche in ambito socio-ambientale, come dimostra la pubblicazione del primo Report di sostenibilità, realizzato in collaborazione con LifeGate.
Per la verità, il report è il secondo nella storia dell’azienda, ma il produttore ha scelto di dare all’edizione 2019 una diffusione interna, come momento di consapevolezza dei propri punti di forza e di debolezza, per poi rendere pubblica la rendicontazione 2020, una volta affrontati i temi più rilevanti emersi dal primo assessment.
Le novità dell’edizione 2020 del report
Le principali novità del report hanno riguardato la catena di fornitura. Cogliendo una diffusa sensibilità dell’opinione pubblica e dei consumatori sull’impiego di erbicidi, Pasta Garofalo può assicurare che nelle principali catene di fornitura del grano non è impiegato il glifosato.
Sempre in ottica di una maggiore trasparenza, sul packaging di Pasta Garofalo è stata sostituita la dicitura generica “Ue/non Ue” con l’indicazione del Paese di origine del grano, ovvero “Italia e Stati Uniti (Arizona)”, valorizzando e rendendo ulteriormente trasparente la provenienza della materia prima. Oggi la politica di approvvigionamento Garofalo, spiega il report, si concentra principalmente su Italia e Arizona, le due aree geografiche che in questo momento, secondo l’azienda, garantiscono la qualità, il rispetto dell’ambiente e i livelli di sicurezza alimentare più elevati.
La pasta italiana di qualità è fatta solo di grano duro. La legge italiana stabilisce anche altri parametri legati alla purezza e alla quantità di proteine, e fissa per la pasta italiana un minimo di proteine del 10,5 per cento. Può sembrare paradossale, ma è proprio per questo che Garofalo non utilizza grano duro proveniente esclusivamente dall’Italia. In Italia, infatti, diversamente da altri Paesi, risulta poco diffusa la pratica di stoccaggio differenziato per classi qualitative e questa mancanza porta la produzione di maggiore qualità a confondersi con quella medio-bassa.
Volendo assicurare un livello di proteine anche più alto dei minimi di legge (intorno al 14%), Garofalo sceglie quindi anche il grano “Desert Durum” dell’Arizona, considerato uno dei migliori frumenti duri del mondo per l’alto contenuto proteico, frutto delle particolari condizioni climatiche e delle modalità di coltura impiegate, che consentono l’apporto di grandi quantità di azoto. Oltre a ciò, si distingue per la tenacità del glutine, il colore della semola e la stabilità dei parametri qualitativi delle forniture.
A questi tratti distintivi va aggiunto che le condizioni climatiche favorevoli di quest’area geografica limitano significativamente lo sviluppo di micotossine e che il livello di sicurezza dei grani dell’Arizona è molto elevato.
L’Australia è un altro paese fornitore: sebbene non sia tra i maggiori produttori di grano, garantisce comunque standard qualitativi molto elevati.
La provenienza diversificata del grano, inoltre, permette all’azienda di gestire meglio la variabilità della produzione italiana, in caso di aumento dei prezzi o di condizioni climatiche avverse.
Fornitori sotto controllo
In anni recenti, comunque, anche in Italia si è sviluppata un’offerta di grano duro di ottima qualità e con livelli di sicurezza elevati, stimolata soprattutto dalla crescente domanda dell’industria pastaia. In questo nuovo scenario, Garofalo ha aumentato la quota di utilizzo in ragione delle disponibilità reperibili di volta in volta sul mercato, avvalendosi di una struttura di silos di stoccaggio situata in Puglia, dove vengono raccolti grani italiani prevalentemente da regioni del Sud e, quando possibile, da accordi di filiera. Questi grani presentano caratteristiche eccellenti in termini di proteine e provengono da coltivazioni che non impiegano glifosato e in grado di garantire un prodotto con un livello di micotossine estremamente basso.
Nel corso del 2020, Garofalo ha lavorato alla definizione di un Codice di Condotta Fornitori, che diverrà operativo nel corso del 2021. Entro quest’anno, quindi, tutti i fornitori dovranno accettare e rispettare i contenuti del documento. Il codice si basa sui valori di integrità ed etica già definiti dal codice etico di Ebro Foods (il gruppo spagnolo di cui Garofalo è parte) per creare una cultura condivisa improntata al principio di trasparenza.
La sensibilizzazione dei consumatori resta al primo posto
Un’altra iniziativa Garofalo messa in evidenza nel report è l’attenzione ai bisogni dei consumatori. Nel 2021, per esempio, ha effettuato un sondaggio un gruppo di blogger e consumatori celiaci per raccogliere idee e opinioni per il rinnovamento della linea senza glutine, in particolare sugli aspetti di qualità, assortimento e chiarezza delle informazioni.
Va nella stessa direzione la collaborazione con Cook, sito di cucina del Corriere della Sera, per l’implementazione di una nuova skill di Alexa (l’assistente vocale di Amazon) che fornisce agli utenti indicazioni sull’utilizzo sostenibile dei prodotti in casa e suggerimenti per ricette sane. Alexa può suggerire la ricetta del giorno sulla base del luogo in cui si trova e della temperatura esterna, abbinando la portata non solo al meteo, ma anche alla disponibilità stagionale degli ingredienti. La funzione “svuota frigo” consiste nel chiedere ad Alexa una ricetta partendo dagli ingredienti che si hanno già in casa, magari prossimi alla scadenza, per evitare lo spreco alimentare.
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