
Secondo uno studio, il passaggio da una dieta tradizionale africana a una tipica del mondo occidentale globalizzato, aumenta l’infiammazione e diminuisce la risposta ai patogeni. Il passaggio inverso comporta invece benefici.
Secondo uno studio giapponese, il consumo di alcuni alimenti nei Paesi del G7 è causa di deforestazione con una media di quattro alberi per persona.
Il caffè, il cioccolato, la carne di manzo, l’olio di palma consumati dagli abitanti dei Paesi sviluppati, sono responsabili, ogni anno, dell’abbattimento di quattro alberi sulla Terra, molti dei quali in foreste tropicali. È quanto sostiene una ricerca giapponese pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution, che ha messo in relazione per la prima volta la mappa della deforestazione globale con le importazioni dei vari Paesi del mondo.
La deforestazione viene praticata in molti casi per fare spazio all’agricoltura con conseguenze negative per i cambiamenti climatici e per la perdita di biodiversità. Secondo lo studio, il consumo di cioccolato nel Regno Unito e in Germania incide sulla deforestazione in Costa d’Avorio e Ghana, mentre la domanda di carne di manzo e di soia negli Stati Uniti, nell’Unione europea e in Cina provoca la distruzione delle foreste in Brasile. E ancora: il caffè bevuto nel Regno Unito, in Germania e in Italia comporta la deforestazione del Vietnam centrale.
I dati emersi dalla ricerca sostengono che le abitudini alimentari negli Stati del G7 (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) causano, in media, per persona, la perdita di quattro alberi sul Pianeta. Gli Stati Uniti, molto popolosi e grandi importatori di prodotti tropicali, registrano la media più alta con cinque alberi procapite, mentre l’impronta di deforestazione di Regno Unito, Giappone, Germania, Francia e Italia colpisce per il 90 per cento paesi stranieri, la cui metà sono tropicali. La Cina, infine, è la maggiore responsabile della deforestazione in Malesia per le importazioni di olio di palma e altri prodotti agricoli.
La ricerca ha combinato i dati sulla perdita di foreste e sui suoi fattori determinanti con un database globale delle relazioni commerciali internazionali tra 15 mila settori industriali dal 2001 al 2015. Ciò ha consentito ai ricercatori di quantificare l’impronta di deforestazione di ogni Paese in base al consumo della sua popolazione. Secondo gli studiosi, i link ricostruiti tra le mappe di deforestazione e le importazioni sottolineano la necessità che gli Stati attuino politiche, anche transnazionali, più responsabili, trasparenti e sostenibili.
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