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Se li lasciassimo crescere senza tagliare il capolino floreale, si vedrebbero sbocciare dei bellissimi fiori viola. Sono i carciofi, ortaggi dalle mille virtù e dal sapore unico.
Il carciofo è una pianta di origine mediterranea, della quale si utilizza in cucina il capolino floreale come ortaggio. Anche la parte meno fibrosa del gambo è commestibile e molto saporita. I carciofi hanno proprietà nutrizionali e benefiche di grande pregio e non dovrebbero mai mancare dalla tavola quando sono di stagione, ovvero per tutto l’inverno e la primavera.
Sono ricchi di fibre e sali minerali (ferro, magnesio, fosforo, calcio) e poveri di sodio. Contengono vitamina A, B1 e C. Freschi e a crudo forniscono solo 22 calorie per 100 g. La maggior parte dei carboidrati è presente sotto forma di inulina, un polisaccaride adatto agli obesi e ai diabetici poiché migliora il controllo dello zucchero nel sangue. Nei carciofi conservati l’inulina si trasforma in altri tipi di zuccheri.
Il carciofo protegge fegato e reni migliorando la loro funzionalità, abbassa il tasso di urea e colesterolo nel sangue, aiuta nei casi di stitichezza da insufficienza epatica, regola il tasso degli zuccheri nel sangue, previene la formazione dei calcoli biliari. La presenza di cinarina facilita la digestione dei grassi e ha una funzione anticolesterolo ed epatoprotettrice. I principi attivi sono contenuti soprattutto nelle foglie e nel gambo.
La quantità abitualmente consumata a tavola è tale da non evidenziare controindicazioni. In allattamento, secondo alcune fonti, il loro consumo potrebbe far calare la produzione di latte da parte delle neo mamme.
Ne esistono tante, con le spine o meno, con le brattee dal verde al violetto. La raccolta dei capolini è scalare, inizia già ad ottobre per la coltura precoce e termina in giugno con quella tardiva. Fra i tipi spinosi i più diffusi sono i verdi di Liguria e di Palermo e i violetti di Venezia, Chioggia, Toscana e Sardegna. Fra i senza spine si trova il romanesco, di colore verde, detto anche mammola, il carciofo di Catania e quello campano. Il carciofo Violetto di Castellammare, sottotipo della varietà romanesco, da cui si differenzia per la sfumatura viola delle brattee, è tutelato da un Presidio Slow Food. La sua antica tecnica colturale prevede che sulle prime infiorescenze apicali (mammolelle) vengano poste coppette di terracotta (pignatte) realizzate a mano da artigiani locali. La protezione dai raggi del sole, assicurata dalla pignatta nella fase di accrescimento, lo rende particolarmente tenero e chiaro.
Sodi e senza macchie, con le brattee non raggrinzite. Le varietà con le punte devono averle ben chiuse. Gambo turgido e senza parti molli o ingiallite, con le eventuali foglie non afflosciate.
Se i carciofi sono molto freschi e hanno il gambo lungo a sufficienza, si possono conservare in un vaso d’acqua proprio come un mazzo di fiori recisi. In frigorifero durano quattro-cinque giorni. All’occorrenza si possono anche congelare previa sbollentatura in acqua acidulata con succo di limone (lasciando raffreddare e riponendo in contenitori di vetro).
Scoprire la parte più chiara del carciofo eliminando le brattee esterne, almeno due file (lo scarto è maggiore se si decide di mangiarli crudi). Tagliare di netto la punta del carciofo. Allargare le foglie e arrivare al cuore con uno scavino a cucchiaio per asportare il cosiddetto fieno che si trova all’interno, eliminando con cura le eventuali spine ma non la polpa chiara. Per quanto riguardo il gambo, tagliare a seconda della ricetta, ricordando che il modo più sano e gustoso di preparare i carciofi consiste nel cuocerli con il gambo, da eliminare, nel caso, dopo. Una volta puliti, per non farli annerire è sufficiente metterli a bagno in acqua e limone.
Ingrediente saporito e versatile, il carciofo è presente in numerose ricette regionali. Ricordiamo nella Capitale i tradizionali carciofi alla romana e alla giudìa, dell’antica cucina ebraica. A Velletri, sui Castelli Romani, si cucinano arrostiti sulle braci delle fascine dei sarmenti di vite (dette matticelle); in Basilicata al forno. In Piemonte, infine, a riempire la tavola sono i carciofi alla Cavour, preparati con una salsa di uova sode, prezzemolo e acciughe. Ricchi di ferro, i carciofi all’assaggio lasciano sul palato sensazioni amarognole, soprattutto mangiati crudi; l’accostamento con il vino è difficile, perché il sapore del carciofo esalta gli acidi e i sali minerali nei vini bianchi e, nei rossi, anche i tannini. La cottura riduce la sensazione amara.
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