La proposta di togliere la scadenza all’autorizzazione delle sostanze attive dei pesticidi è contenuta in un pacchetto semplificazione della Commissione. Per gli ambientalisti in questo modo il profitto dell’industria prevale sulla salute.
La soia contribuisce alla deforestazione e senza rendercene conto la consumiamo in carne, pesce e derivati animali perché viene utilizzata per i mangimi.
C’è chi consuma soia abitualmente, chi qualche volta, chi pensa di non consumarla e invece lo fa. Perché la soia è un ingrediente nascosto di molti cibi tanto che ogni cittadino dell’Unione europea ne consuma in media 60 chili all’anno senza saperlo, contribuendo alla distruzione di foreste.
A rivelarlo è un rapporto commissionato dal Wwf per la campagna Food4Future per la sostenibilità dei sistemi alimentari: intitolata “Mapping the European Soy Supply Chain” (Mappatura della catena di approvvigionamento della soia europea), la ricerca evidenzia come il 90 per cento del consumo di soia dei cittadini europei sia imputabile al consumo indiretto, dovuto alla presenza del legume – ricco di proteine – nei mangimi utilizzati negli allevamenti.
Ogni cittadino europeo consuma in media 60,6 kg di soia l’anno, di cui 55 sono nascosti in carne, pesce e derivati animali. Per fare qualche esempio, per il pollo e il salmone, la quantità di soia utilizzata come mangime è quasi pari a quella del cibo finale prodotto: sono infatti necessari 95 grammi di soia per produrre 100 grammi di salmone d’allevamento e 96 grammi di soia per 100 grammi di petto di pollo. La carne di maiale viene subito dopo, con 41,5 grammi soia per 100 grammi di carne di maiale.
Sono necessari 95 grammi di soia per produrre 100 grammi di salmone d’allevamento e 96 grammi di soia per 100 grammi di petto di pollo.
Come riporta il Wwf la produzione di soia è quintuplicata negli ultimi quarant’anni e si prevede raddoppierà ulteriormente entro il 2050. In particolare in Sud America, dove Brasile e Argentina sono tra i maggiori produttori ed esportatori, la produzione di soia causa la perdita di foreste e di savane che vengono trasformate in terreni coltivabili. Questo ha ricadute sulla biodiversità, sui cambiamenti climatici e sul sostentamento delle popolazioni indigene. Inoltre la soia, coltivata prevalentemente in monocolture, richiede un impiego elevato di pesticidi, che inquinano il suolo e le falde acquifere. La soia coltivata a livello mondiale è per oltre l’80 per cento geneticamente modificata.
L’Unione europea ha aumentato la produzione interna di soia arrivando a 2,7 milioni di tonnellate nel 2020 rimanendo però il maggiore importatore dopo la Cina. Il volume totale di soia utilizzato comprese le importazioni nette ammonta a 30,3 milioni di tonnellate di farina di soia, 1,8 milioni di tonnellate di semi di soia e 2,7 milioni di tonnellate di olio di soia, tutti prodotti destinati a diverse tipologie di mangimi.
Nella Ue si sta discutendo una nuova legge per ridurre l’impronta dei consumi europei sulla deforestazione. In occasione della pubblicazione del rapporto, il Wwf chiede di comprendere nel provvedimento la tutela di altri ecosistemi, non solo le foreste, e tutti quei prodotti la cui filiera genera distruzione degli habitat.
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