![GreenAnt, intelligenza artificiale e satelliti al servizio dell’agricoltura](https://cdn.lifegate.it/vIusq7F19tfFCxIRJ3Hnx7EjoS0=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/06/greenant.jpg, https://cdn.lifegate.it/UhcHqggZY5JaKUfM6O4_fvebM8Y=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/06/greenant.jpg 2x)
Una startup innovativa mette satelliti e AI al servizio degli agricoltori in difficoltà a causa dei cambiamenti climatici, ma anche di governi e imprese.
Dalla carne coltivata al latte sintetico, sono centinaia le startup israeliane attive nella ricerca e nello sviluppo di nuovi alimenti e di nuovi modi per produrre cibo più efficiente e sostenibile.
L’hanno ribattezzata Silicon Wadi, perché qui, come nella Silicon Valley californiana, c’è un’altissima concentrazione di startup tecnologiche e innovative. Parliamo dell’area che gravita intorno a Tel Aviv, Israele, sede di centinaia di aziende sviluppatrici di software, telecomunicazioni, ma anche – e sempre di più – di startup attive nel settore dell’agri-tech e del food-tech.
I fattori che hanno favorito e continuano a favorire questa proliferazione sono molti: cittadini altamente formati, cospicui finanziamenti privati e pubblici (Israele è la prima nazione al mondo a investire in ricerca e innovazione con fondi pari al 4,95 per cento del prodotto interno lordo) e una stretta collaborazione tra agricoltori, industria alimentare, ricerca e governo. Così l’agricoltura e l’industria alimentare israeliane, da sempre abituate a “produrre di più con meno” in un Paese dalle risorse naturali limitate, cercano nuove soluzioni per soddisfare le esigenze alimentari globali emergenti minacciate da cambiamenti climatici, pandemie e conflitti, attraverso innovazioni tecnologiche che possano rendere più efficienti e sostenibili i sistemi alimentari.
Latte senza mucche, carne senza animali, uova senza galline, miele senza api, succhi di frutta senza gli zuccheri della frutta: le startup israeliane impegnate nella creazione del cibo del futuro sono all’incirca 200; si va dallo sviluppo delle proteine alternative ai nuovi cibi, dagli alimenti improntati a salute e benessere ai packaging sostenibili. Senza contare poi le 300 startup dell’agri-tech.
Secondo un rapporto pubblicato dal Good food institute Israel, un’organizzazione senza scopo di lucro che cerca di promuovere la ricerca e innovazione nella tecnologia alimentare, nel 2022 Israele si è classificata al secondo posto dopo gli Stati Uniti negli investimenti in proteine alternative, con startup locali attive nel settore che hanno raccolto circa 454 milioni di dollari di capitale, il 15 per cento del capitale globale raccolto per il settore in tutto il mondo.
L’investimento più corposo, 135 milioni di dollari, l’ha ottenuto Redefine Meat che sviluppa prodotti plant-based del tutto somiglianti ai prodotti di carne tradizionali, sangue compreso, utilizzando stampanti 3D. Non solo burger vegetali, ma anche bistecche (qui sta la novità) prodotte in Israele e nei Paesi Bassi che vengono proposte da ristoranti israeliani ed europei e che sono sbarcate negli scorsi giorni anche in alcuni ristoranti italiani, tra cui gli Smashburger di Joe Bastianich.
Oltre la carne vegetale, c’è poi la carne coltivata, ovvero quella prodotta in bioreattori a partire da cellule animale, a cui lavora, per esempio, l’israeliana Aleph Farms che ha tra i suoi investitori personalità come Leonardo DiCaprio, ma anche multinazionali della carne tradizionale come Cargill e lo stesso governo israeliano che, lo scorso anno, ha concesso 18 milioni di dollari per quello che ha definito il “più grande consorzio del mondo” per lo sviluppo della carne coltivata, composto da dieci università e istituti di ricerca e quattordici aziende tra cui, appunto, Aleph Farms, ma anche Supermeat, startup di carne coltivata che, attraverso la test-kitchen “The Chicken”, offre la possibilità, a chi lo desidera, di osservare come avviene la produzione di carne in laboratorio e di degustare alcuni burger di pollo coltivato.
Il secondo più grande investimento raccolto da una startup israeliana di tecnologia alimentare, 124 milioni di dollari, riguarda Remilk, che produce latte e prodotti lattiero-caseari senza animali. Le proteine del latte vengono prodotte attraverso la fermentazione di lieviti geneticamente modificati e sono descritte come “indistinguibili per gusto e funzione dalle proteine del latte vaccino, ma prive di lattosio, colesterolo e ormoni della crescita”. Remilk ha appena ricevuto l’approvazione del governo israeliano per la commercializzazione nel Paese dei suoi prodotti, dopo il via libera precedente di Singapore e della Food and drug administration degli Stati Uniti.
Ma a proposito di latte prodotto senza mucche, c’è di più. Wilk, altra startup israeliana, sta lavorando allo sviluppo del latte coltivato, ovvero di latte prodotto a partire da cellule epiteliali mammarie. E non solo quelle animali, ma anche quelle umane, con l’obiettivo di riprodurre in laboratorio anche il latte materno. La startup ha siglato di recente un accordo di investimento strategico con il colosso lattiero-caseario francese Danone per sviluppare latte in formula animal-free.
Nel panorama food tech israeliano non mancano poi startup che sviluppano sostituti delle uova con le stesse proprietà e funzionalità di un uovo come Egg‘n’up e Eggmented Reality e quelle impegnate nello sviluppo del pesce coltivato, da Mermade a Sea2Cell a E-fishient protein.
Non solo proteine alternative: nell’industria alimentare del futuro c’è spazio anche per molto altro, a condizione che si presenti come più sostenibile o più salutare. La startup Bee-io ha creato un’innovativa tecnologia per produrre miele senza lo sfruttamento di api, “tutto l’anno e a prezzi accessibili”. Ogni settimana Bee-io è in grado di produrre tre tonnellate di miele sostituendo 4.500 alveari.
Ancora, Phytolon ottiene coloranti alimentari naturali tramite processo di fermentazione del lievito di birra, Carobway produce 15 prodotti diversi sfruttando semi e polpa di carruba, una coltivazione resiliente ai cambiamenti climatici, Mush Foods coltiva micelio di funghi commestibili per creare proteine prive di animali per l’industria alimentare. E se finora, riguardo agli zuccheri, le possibilità dell’industria erano quelle di abbassarne il contenuto o di eliminare gli zuccheri aggiunti, Better Juice è andata oltre: la startup israeliana riduce gli zuccheri semplici da prodotti come i succhi di frutta, convertendoli in prebiotici senza diminuire il contenuto di vitamine, minerali e antiossidanti.
E se è vero che un prodotto sostenibile non può non avere un packaging altrettanto green, ecco alcune delle startup attive in Israele che si occupano di nuovi materiali: MadeRight trasforma micelio e rifiuti organici in imballaggi riciclabili; Sufresca ha ideato un rivestimento spray senza odore e senza sapore, sottile e trasparente per allungare la conservazione di frutta e verdura; Solotum ha creato un materiale in grado di sostituire la plastica che si dissolve in acqua a temperatura ambiente.
Infine, citiamo, Anina che trasforma qualsiasi materiale organico in fogli commestibili che conserverebbero i sapori, gli odori e i nutrienti dell’alimento: i fogli vengono modellati per creare pod che si aprono nell’acqua calda rivelando un pasto completo composto da cereali, legumi, spezie ed erbe aromatiche. Non sappiamo dove ci porterà il futuro, ma di sicuro, quello dell’industria alimentare, sta passando da Israele.
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