Inquinamento delle acque, l’Europa richiama l’Italia sulla direttiva nitrati

Per la Commissione europea, in alcune zone d’Italia l’inquinamento delle acque da nitrati non sta migliorando o si sta aggravando.

  • La Commissione europea ha richiamato nuovamente l’Italia sul rispetto della direttiva nitrati, sostanze derivanti dagli allevamenti e dall’uso di fertilizzanti in agricoltura.
  • In alcune regioni del nostro Paese l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali non è in miglioramento, in altri casi si sta aggravando.
  • Entro due mesi l’Italia dovrà rispondere e adottare le misure necessarie o sarà a rischio sanzioni.
  • Per le associazioni ambientaliste il modello agricolo intensivo non è sostenibile e occorre ripensarlo.

La Commissione europea ha inviato all’Italia un nuovo richiamo per non aver rispettato pienamente la direttiva sui nitrati che ha l’obiettivo di proteggere le acque superficiali e sotterranee dall’inquinamento causato da fertilizzanti chimici azotati e liquami zootecnici smaltiti nei terreni agricoli. Elevate concentrazioni di nitrati (in Europa il limite massimo consentito è fissato a 50 mg/l) possono rappresentare un rischio per la salute ambientale e umana.

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Secondo la Commissione europea l’Italia mostra alcune lacune nel rispettare la direttiva sui nitrati © iStock

Richiamo europeo sulla direttiva nitrati: il rischio di sanzioni per l’Italia

Si tratta più precisamente di un parere motivato, secondo passo nelle procedure di infrazione, che segue a una prima lettera di costituzione in mora nel novembre 2018 e a una seconda lettera nel dicembre 2020. Ora il ministero dell’Agricoltura ha due mesi di tempo per rispondere e adottare le misure necessarie. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di deferire il nostro Paese alla Corte di giustizia dell’Unione europea con il rischio di pesanti sanzioni.

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In alcune regioni d’Italia l’inquinamento da nitrati delle acque sotterranee non sta migliorando © iStock

In base alla direttiva sui nitrati, gli Stati membri sono tenuti a monitorare le proprie acque e a individuare quelle interessate o potenzialmente interessate dall’inquinamento causato dai nitrati di origine agricola e dall’eutrofizzazione (arricchimento dell’acqua con composti azotati, che causa una crescita rapida delle alghe con rottura dell’equilibrio ecosistemico e deterioramento della qualità delle acque). Sono inoltre tenuti a designare le aree di terreno che drenano queste acque come zone vulnerabili ai nitrati e a istituire programmi d’azione appropriati per prevenire e ridurre tale inquinamento.

In Italia, rimangono preoccupazioni per violazioni alla direttiva in diverse Regioni, dove la situazione delle acque sotterranee inquinate da nitrati non sta migliorando e il problema dell’eutrofizzazione delle acque superficiali si sta aggravando.

Le associazioni ambientaliste: “Basta agricoltura intensiva. Occorre ripensare l’intero modello produttivo”

“Questo richiamo della Commissione europea all’Italia è l’ennesima dimostrazione dell’impatto ambientale insostenibile del modello attuale dell’agricoltura intensiva ancora maggioritario nel nostro Paese, che compromette la qualità di una risorsa strategica come l’acqua, mettendo a rischio la salute delle persone e degli ecosistemi naturali”, hanno commentato Acu, Aiab, Federbio, Isde medici per l’ambiente, Lipu, Pro natura, Rete semi rurali, Slow Food Italia e Wwf Italia .”Il nostro Paese si sta dimostrando ancora una volta refrattario ad affrontare la questione zootecnica, nonostante le evidenze scientifiche e i richiami europei. È ora di affrontare seriamente l’insostenibilità dell’agricoltura intensiva, in particolare della zootecnia in alcune aree del nostro Paese. Purtroppo il Piano strategico nazionale della Pac non sembra andare nella giusta direzione, considerato che il comparto zootecnico risulta ancora riccamente finanziato, ricevendo oltre il 40 per cento dei pagamenti accoppiati”.

Per le associazioni ambientaliste il modello di produzione intensivo è insostenibile © iStock

Per le nove associazioni occorre ripensare l’intero modello produttivo, riducendo il numero di capi allevati, favorendo la conversione degli allevamenti al biologico e rendendo obbligatorie le pratiche agroecologiche che apportano naturalmente nutrienti al terreno, come quelle già adottate dalle aziende che praticano l’agricoltura biologica.

Ritardo anche sulla direttiva per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari

Le associazioni hanno sottolineato che l’Italia è in ritardo anche sulla direttiva Ue 2009/128/CE per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Nel nostro Paese il Piano di azione nazionale è scaduto dal febbraio 2019 e non c’è traccia del nuovo Piano in attuazione con il rischio che la Commissione europea avvii una procedura d’infrazione.

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